De Laurentiis (La Presse)
C’è una regola non scritta nel mondo dello sport e soprattutto in quello del calcio: chi vince può parlare. Ed è quello che ha fatto Aurelio De Laurentiis, fresco di festeggiamenti per la conquista del terzo scudetto del Napoli. Nell’intervista concessa a ‘La Repubblica’, il patron partenopeo è stato un fiume in piena ed è andato ben oltre gli argini parlando a 360° del calcio italiano e dei suoi problemi. A cominciare da quello della riforma dei campionati e degli stadi.
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“Perché giocare d’inverno con la neve, la pioggia, la grandine? Non potremmo cominciare in tutta Europa ad aprile? Non è un pesce d’aprile, ma una necessità – ha spiegato De Laurentiis – In 7 mesi fino a ottobre si potrebbero disputare campionati nazionali e Coppe europee. Da novembre a marzo restano cinque mesi per far riposare i signori calciatori, andare in ritiro, giocare con le nazionali. Ho proposto due campionati europei. Uno per 25 federazioni minori che non possono permettersi gli investimenti dei Paesi più importanti. E uno con le prime sei squadre dei cinque grandi campionati, che dunque cambierebbero ogni anno, con partite secche, escludendo i confronti fra squadre dello stesso Paese. Tutto il mondo le guarderebbe“.
“Noi abbiamo un grandissimo problema con gli stadi: tranne qualche rara eccezione, sono obsoleti, la partita si vede male, c’è la pista d’atletica, come a Napoli o a Roma – ha aggiunto il presidente nell’intervista a ‘La Repubblica’ – E poi, vogliamo portarvi le famiglie? Vogliamo far sì che allo stadio si possa rimanere tutta la giornata a divertirsi, a mangiare? Io allo stadio celebrerei i matrimoni e le prime comunioni. Magari la Chiesa si potrebbe inquietare, ma basterebbe montare un altare benedetto, noi lo abbiamo fatto in ritiro a Dimaro: quante volte è venuto il cardinale Sepe a officiare la messa e nessuno si è mai scandalizzato“.
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