Insigne espone pubblicamente il dramma che lo ha tenuto lontano dai campi nelle ultime settimane. L’esempio di Luis Enrique.
Motivazione. La qualità che definisce un campione da un giocatore normale: si diventa fenomeni rispetto ai sacrifici e alle rinunce che è possibile metabolizzare. Non sempre è facile, soprattutto a certi livelli. Quando il privato diventa pubblico e basta un niente per alimentare i sospetti: dovrebbe parlare il campo, ma nel momento in cui la differenza non la fanno soltanto i gol ma anche il cuore, basta un sospetto per agevolare preoccupazioni.
Insigne non era più lo stesso: sembrava eclissato, eppure il Canada e Toronto era tutto quello che voleva. Allora sono cominciati i sospetti, fino alla rivelazione: “Ho un problema familiare”. I panni sporchi si lavano in casa, ma se una casa è in Canada – come nella favola – qualche spiegazione in più diventa necessaria. Per evitare di pensare al peggio. Un dramma che c’è stato: sia lui che la compagna ne stanno ancora pagando le conseguenze. Insigne ha perso la bambina.
La conferma è arrivata dalla compagna che l’ha comunicato a Lorenzo e poi agli altri. Prima di arrivare all’opinione pubblica, però, il silenzio. Che è d’oro, ma le lacrime non possono essere trattenute a lungo. Non rimane, quindi, che prendere un aereo per fare chiarezza: volare via, tornare a casa e mettere un punto. Solo dopo parlare a chi saprà ascoltare, capire e magari provare a empatizzare con qualcosa che non è nemmeno lontanamente immaginabile.
Lo sa bene Luis Enrique che, per parlare, dopo la morte della sua bambina ci ha messo un anno. 365 giorni senza nulla, apparentemente privo di motivazioni. Il sorriso, stentato e a mezza bocca, l’ha ritrovato pian piano imparando la lezione proprio dalla figlia scomparsa: ridere sempre, comunque. Fin quando sarà possibile. Non prima di aver asciugato le lacrime. Poi lo sport, il calcio come riscatto: il pallone è vita e restituisce una ragione all’esistenza falcidiata improvvisamente per poter tentare di sopravvivere al meglio.
Questo significa elaborare un lutto quando ci sono milioni di persone che gridano il tuo nome. La vita privata diventa – in qualche maniera e con le dovute proporzioni – pubblica. Oneri e onori anche quando non è possibile dispensare prodezze, ma bisogna restare umani. Tanto per Insigne quanto per Luis Enrique, che guardano il campo come orizzonte. Al di là del quale c’è il ricordo di chi hanno amato.
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