Marco Rossi, il tecnico che affronta l’Italia, l’uomo che ha spaventato a morte la Germania all’Europeo per poi batterla a Lipsia, e che ha battuto l’Inghilterra, è ancora il personaggio del momento in Ungheria, un giocatore da ricordare
Massiccio, imponente, una falcata da atleta vero e una potenza muscolare impressionante. Marco Rossi è stato un terzino sinistro che non ha avuto tutta la fortuna che avrebbe meritato a causa di qualche problema fisico.
Generosità non comune Marco Rossi, 58 anni compiuti da pochi giorni, torinese di Druento, ha avuto una carriera calcistica lunga e sfaccettata che ha avuto il suo apice dopo sei importanti stagioni a Brescia. Viene chiamato dalla Sampdoria: la squadra blucerchiata è passata da Vujadin Boskov a Sven Goran Eriksson e ha un clamoroso buco a sinistra dove i tentativi di trovare un fluidificante efficace e potente sono sempre andati falliti.
Rossi conquista tutti con la sua generosità: un uomo buono ed educato che contrasta con l’aspetto da Terminator, testa pelata e muscoli in evidenza. I tifosi blucerchiati lo soprannominano affettuosamente Meccano, perché il suo modo di correre era magari poco elastico ed elegante. Ma potentissimo: per fermarlo ci volevano le cannonate.
In blucerchiato Marco Rossi soffre due gravi infortuni: gioca solo 25 partite in una squadra meravigliosa che vince la Coppa Italia nel 1994 arrivando terza in campionato alle spalle di Milan e Juventus. É la squadra guidata dall’attuale CT italiano Mancini, ma anche di Lombardo, Gullit (il “cervo che usciva di foresta”), David Platt… Marco Rossi non è molto fortunato e raccoglie molto meno di quello che meriterebbe, oltre a un unico gol, nel 3-0 con la Roma.
Rossi a scadenza di contratto lascia Genova e gira il Mondo. Prima l’America di Città del Messico, poi l’Eintracht Francoforte: chiude la carriera in Italia, nel Salò. In tutto diciotto anni di onorata professione con oltre 400 partite e 27 gol dieci dei quali solo nelle sue cinque stagioni al Brescia. Poi inizia la sua carriera da allenatore: Lumezzane e Pro Patria, poi Spezia, Scafatese e Cavese. E anche qui la voglia di girare il mondo prevale.
Italia Ungheria, il derby di Marco Rossi
Marco Rossi sceglie l’Ungheria, o forse sarebbe meglio dire che è l’Ungheria a scegliere lui. Due stagioni con l’Honved Budapest poi la nazionale dopo una breve esperienza in Slovacchia con il DAC Dunajska di Streda. In Ungheria lo chiamano “il Mister”, proprio come si fa in Italia. Lui parla un buon ungherese, adora il gulasch, non disdegna la birra magiara, più speziata di quella austriaca e bavarese, e diventa suo malgrado un personaggio. L’Ungheria che lo stipendia da quattro anni lo adora. Lui ricambia definendo quella magiara la sua seconda casa.
É ottimista, educato ma fermo, estremamente convinto del suo stile di gioco. Che riporta molto a Eriksson: un calcio dove il pallone si gioca e non si butta mai via e dove tutto è ordinato e metodico. Ma dove la fantasia prevale sulla tattica pura. In Germania i due terminali offensivi Szoboszlay (Lipsia) e Szalai (Basilea, 26 gol in 85 partite) hanno demolito la linea difensiva tedesca. L’Ungheria, assente ai Mondiali quarta a tre soli punti dalla Polonia in un girone dominato dall’Inghilterra, è tornata in patria accolta trionfalmente.
Suo fratello fa il commercialista, ha uno studio avviato: lui a un certo punto ha avuto due alternative. Tornare a Torino a fare il ragioniere o girare il mondo e provare a fare l’allenatore. Con molto successo. All’Europeo ha sfiorato una clamorosa qualificazione a spese della Germania. In Ungheria il successo della nazionale sull’Inghilterra vicecampione d’Europa è stato salutato con una vera festa nazionale. Ora, anche meglio, la vittoria sulla Germania di UEFA Nations League. Non un ragioniere ma un CT. Così ora abbiamo una bella storia da raccontare.