Fabio Capello ha rivelato un momento decisivo per la squadra che ha dichiarato di sentire più sua. La decisione riguarda anche Cassano
Fabio Capello ha parlato di bellezza e talento al Festival dello Sport a Trento. In una conversazione con Brunello Cucinelli, re del cachemire, l’ex allenatore del Milan ha spiegato quanto sia importante identificare il talento e saperlo coltivare.
E’ qualcosa che si intuisce, ha spiegato, ma che spesso viene confuso. Capello ha parlato anche di giocatori capaci di fare la differenza, portando come esempio campioni con cui ha avuto direttamente a che fare.
Tra i fenomeni, Fabio Capello ha parlato di Marco Van Basten, simbolo del Milan che dominava in Italia e in Europa costretto a chiudere troppo presto la carriera per una caviglia martoriata anche perché curata male all’inizio. Lo racconta nella sua intensa autobiografia, Fragile, in cui si incolpa per la sua intensissima ambizione che l’ha portato a giocare con il dolore per mesi.
Fabio Capello, il rimpianto per Cassano
“Van Basten era un fenomeno – ha detto Capello -, ma mi accorsi che non calciava bene le punizioni. Glielo dissi, cambiò il modo di batterle e riuscì a migliorare anche in questo. Anche Ibrahimovic si è messo a disposizione per migliorarsi”.
Ha riservato belle parole anche per Antonio Cassano, che pure al Real Madrid lo prendeva in giro imitando le sue pose in allenamento. “Aveva uno smisurato talento – ha detto Capello -, negli ultimi venti metri vedeva giocate che altri non pensavano nemmeno. Sapeva fare cose uniche ma ha dato il 50%, si è accontentato”.
Proprio a Cassano ha fatto riferimento Fabio Capello parlando di una scelta determinante per quella che ha definito “la squadra che sento più mia”.
La scelta che ha fatto la differenza: il racconto
Non è infatti il Milan, nonostante i tanti trofei vinti. In rossonero. Capello ha vinto tre scudetti, tre Supercoppe italiane, una Champions League e una Supercoppa UEFA. Ma la squadra che più ha incarnato i suoi principi di gioco, ha detto, è il Real Madrid della stagione 2006-07, la sua seconda sulla panchina delle merengues. Entrambe, peraltro, chiuse con il trionfo nella Liga e la mancata conferma per l’anno successivo.
“Mandammo via Ronaldo il fenomeno e mettemmo da parte Cassano. Diceva di stare male ma in realtà aveva paura di giocare al Bernabeu – ha detto – Si formò un gruppo, recuperammo nove punti sul Barcellona e vincemmo per migliore differenza reti. All’ultima giornata, contro il Mallorca. alla fine del primo tempo perdevamo 1-0. I giocatori sentivano le gambe bloccate. All’intervallo dissi una cosa sola: giochiamo come facciamo in allenamento. Finì 3-1 e diventammo campioni”.