Fabio Liverani perde prematuramente sua moglie Federica. L’allenatore si ritrova solo, come successe a Prandelli qualche anno fa.
Fabio Liverani colpito al cuore. Un lutto rimette in discussione ogni attimo, per capire quello che poteva o non poteva essere: i rimpianti sono un ingrediente scomodo nella ricetta dell’esistenza, come il sale, un pizzico ci va sempre. Per quanto proviamo ad abituarci, l’imprevisto scombussola, disorienta, sconquassa.
La moglie Federica era malata da tempo, ma non per questo bisogna essere preparati al peggio. La speranza come motore spesso si inceppa, ma il segreto è farla andare il più possibile: per questo, Fabio, si dedicava al lavoro. Il calcio come sfogo, distrazione e necessità. Ora non resta che fare i conti con il resto: giorni da scontare, più che da vivere. I figli da educare, Mattia e Lucrezia, una passione – sempre la stessa – da assecondare.
Liverani e Prandelli, uniti dallo stesso dolore
Tutto uguale per cambiare ancora non appena subentra un po’ di notorietà: quando si è famosi anche il dolore diventa un lusso. Chiedere a Cesare Prandelli che, come Liverani, ha perso la moglie nel 2006 e persino per piangere ha dovuto aspettare di prendersi una pausa: stava allenando la Roma. Un’esperienza nuova, poi la tegola: tutto in discussione, senza più tempo per giocare e lavorare.
Il calcio è una cosa seria, ma non sempre è la più importante. Conta anche fermarsi se il telefono squilla troppo: un’esistenza a dire che contano i risultati, ma quelli che non ritornano sono gli istanti. Insieme a una persona cara, in gruppo, dopo una vittoria o un obiettivo raggiunto. E se sei sempre preso a far altro è possibile – anzi, molto probabile – che non te li godi. Prandelli ha scelto di non accontentarsi più e, dopo qualche anno di tentativi e una carriera ripresa a fatica, ha detto basta. Liverani farà diversamente, almeno questa è l’impressione: gestire la compostezza per non dare un’immagine sbagliata o distorta è la parte più difficile.
Il lutto come un fardello: è possibile uscirne
Il rettangolo verde nasconde insidie, perchè il dolore – in Serie A – va bene solo se è circostanziato: Mihajlovic che torna in panchina dopo una battaglia vinta, Prandelli – ancora lui – che riprende in mano la propria vita dopo un lutto. Ma guai a dire: “Non ce la faccio”, poi la ribalta si spegne e i riflettori passano altrove. All’ex Fiorentina è successo così: ritirato e dimenticato, neanche avesse commesso un’imprudenza.
“Sto bene così – ha detto Prandelli – meno stress da questo calcio che cambia”. Cambiare, forse il segreto è tutto qui: accorgersi di ritrovarsi altrove. In un’altra, nuova, dimensione ed elaborare un contesto. È chiamato a farlo anche Liverani, chissà con quali conseguenze. Questa storia, tuttavia, dimostra che un campione può – e deve – esser fatto anche di ombre. Altrimenti non se ne apprezza la luce.