Alberto Malesani, indimenticato allenatore del Parma che vinse la Coppa Uefa nella stagione 1988/1999, ed ex tecnico di tante altre squadre (tra queste, anche Chievo e Fiorentina), ci ha aperto le porte de La Giuva, la cantina gestita insieme alle figlie Giulia e Valentina che sorge ai piedi della Val Squaranto veronese, per concederci un’intervista esclusiva tutta a base di vino e calcio.
Alberto Malesani, prima di parlare di calcio, ci racconta come è nata in lei la passione per il vino?
“È nata da bambino. Noi veronesi abbiamo tra l’altro la fortuna di nascere in una terra vocata per il vino. Dopo una trasferta a Bordeaux con il Parma, dentro di me è nata la voglia e il desiderio di creare tutto ciò che adesso mi circonda. La Giuva produce prodotti Doc e Docg, e fra poco anche un Igt bianco per il quale è in corso la ‘sperimentazione’. I nostri vini sono un Valpolicella doc (Il Valpo) e un superiore (Il Rientro), due tipi di Amarone e il Recioto”.
Molti protagonisti del calcio si sono dedicati alla produzione di vino. Cosa che accomuna il pallone all’uva?
“Tu non puoi fare l’allenatore se non hai una passione enorme per il calcio, così come non puoi aprire una cantina se non hai una passione forte per il vino. Credo che la parola ‘passione’ coniuga questi due aspetti“.
È stato difficile lasciare il calcio?
“Sì, molto. Il calcio l’ho lasciato a malincuore perché è quello che in tutto il mio percorso do vita mi ha regalato le soddisfazioni maggiori. Per me è sempre stato un fiume in piena da arginare. Dopo l’ultima esperienza con un club mi sarebbe piaciuto allenare una nazionale, ma purtroppo non ci sono riuscito. Allenare crea però un forte stress, e ho scoperto che la produzione di vino mi è servita ad allentare tutta questa pressione che accumulavo durante quegli anni“.
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Qual è la squadra che ricorda con maggior affetto?
“Il Chievo è sempre nel mio cuore, perché è grazie alla famiglia Campedelli se sono diventato un allenatore e se sono riuscito a fare quello che ho fatto. Devo dire, però, che l’affetto che ricevo ogni volta che metto piede a Firenze è davvero speciale. Mi hanno accolto sempre bene, anche quando arrivavo in città da avversario“.
Le piace il calcio di oggi?
“Si mi piace molto e lo seguo sempre. È lo sport più popolare al mondo ed è facile da comprendere, ecco perché siamo di fatto tutti allenatori. Non è però facile da fare ed è esattamente come il vino. Il vino è facile da bere ma non è facile da fare“.
Tra poche settimane riparte il campionato e la caccia allo Scudetto del Milan. Che idea si è fatto del club rossonero, dopo l’exploit tricolore della scorsa stagione?
“Il Milan è un buon esempio di quello che dovrebbe essere una società di calcio, nel senso che guarda prima al bilancio dopodiché sceglie i giocatori in base alle potenzialità economiche. Con grande fantasia va in cerca di giocatori bravi da inserire in un gruppo diventato squadra. Bisogna fare i complimenti a Maldini e a Pioli, che ha saputo creare una bella squadra con quello che la società gli ha messo a disposizione. Il tutto senza dimenticare Ibrahimovic, perché è grazie alla sua esperienza, al suo carattere e alla sua ambizione che il Milan ha svoltato“.
Questo dovrebbe forse far riflettere molti dirigenti, non crede?
“Nel calcio, parlo di allenatori, quando hai una certa età vieni considerato bollito. Ma non è così, perché chi ha trent’anni di carriera ha già visto tutto e ha una panoramica generale. Invece persone esperte come queste vengono emarginate e trascurate. È un grande errore secondo me e l’esempio di Ibrahimovic è lampante“.
Come vede il suo futuro?
“A me le sfide sono sempre piaciute. Mi piacevano quando allenavo, dove sono riuscito ad arrivare a grandi livelli, e mi piacciono ora con il vino. Sono riuscito a mettere insieme un po’ di cantine della Val Squaranto e a supportare la nascita di un’associazione che cerca di promuovere una valle poco conosciuta anche dagli stessi veronesi. La mia sfida adesso è quella di valorizzare un luogo dove venivo da bambino a raccogliere le ciliegie, a vedere come si faceva l’olio d’oliva e a tagliare i grappoli d’uva“.
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