Wojciech Szczesny si è confessato in un’intervista molto personale rilasciata nelle scorse ore: dallo psicologo al dolore, tutte le verità del portiere
Quella che sta per iniziare sarà la sesta stagione con la maglia della Juventus per Szczesny, che dopo l’esperienza di 2 anni alla Roma ha scelto i colori bianconeri per vivere gli anni clou della sua carriera. Il polacco è diventato ormai una garanzia tra i pali, nonché uno dei calciatori più longevi della rosa.
Arrivato nell’estate del 2017 per 18 milioni di euro, versati nelle casse dell’Arsenal, il 32enne si è presto affermato in Serie A come uno dei portieri più affidabili. Anche lo scorso campionato si è dimostrato una garanzia, nonostante un inizio complicato, neutralizzando persino due rigori contro la Roma tra andata e ritorno.
In un’intervista rilasciata ai colleghi di GOAL, il portiere della Juventus ha parlato anche di sé, qualcosa che non succede così spesso. Szczesny è infatti uno dei giocatori più silenziosi e meno chiacchierati in casa Juve, mai una parola fuori posto nel corso della sua avventura italiana.
Szczesny, la confessione inaspettata: retroscena durissimo
Nel corso della sua chiacchierata a cuore aperto, il portiere polacco ha espresso opinioni forti, raccontando anche dei retroscena che fanno riflettere. Un messaggio che tenta di sensibilizzare anche le società calcistiche di tutto il mondo.
“E’ incredibile che nel 2022 i club professionistici non abbiano ancora un allenamento mentale obbligatorio per i giocatori. Lo psicologo è necessario“, ha dichiarato Szczesny, che ha poi aggiunto: “Il 70% delle prestazioni è nella testa dei giocatori. Ci sono psicologi nelle squadre, ma non un allenamento mentale obbligatorio”.
Subito dopo il portiere della Juventus ha anche raccontato di un problema che si porta dietro da anni: “Essermi rotto le braccia in palestra da adolescente fa sì che provo ancora dolore oggi. Ogni salvataggio doloroso e non ne parlo troppo perché ne sono abituato”.
Infine ha concluso: “Devi essere un idiota per lavorare in una professione che ti porta dolore ogni volta che fai un salvataggio e ne faccio centinaia al giorno. Forse se togliessi le piastre di metallo dalle braccia potrebbe essere d’aiuto ma avrei bisogno di mesi di recupero e non ho mai avuto l’opportunità. Prima del 2018 il dolore era così forte che non potevo togliermi neanche i guanti o aprire una bottiglia”.