Il nuovo portiere del Monza, Alessio Cragno, ha rilasciato un’interessante intervista in cui ha parlato di un problema che lo accompagna sin dalla tenera età
Dopo la retrocessione in Serie B del Cagliari, Alessio Cragno ha deciso di lasciare la Sardegna per sposare l’affascinante progetto del Monza. Il club lombardi, alla prima e storica partecipazione in Serie A, sogna in grande e il duo Galliani-Berlusconi ha sottolineato pubblicamente come l’obiettivo del club sia quello di arrivare almeno al 10° posto.
Il Monza, in questi primi giorni di calciomercato, ha piazzato alcuni colpi molto interessanti. Oltre a Cragno, sono arrivati anche Ranocchia, Pessina, Carboni, Sensi e Birindelli. La campagna acquisti, però, non è terminata qui visto che Stroppa si aspetta un colpo nel reparto offensivo. Negli ultimi giorni si è vociferato con insistenza di un possibile arrivo di Petagna. Il classe ’95 è chiuso al Napoli e avrebbe voglia di una nuova avventura in cui essere protagonista.
Tornando a Cragno, è risaputo come il portiere si affetto da balbuzie. Del suo disturbo del linguaggio ne ha parlato in una lettera pubblicata sulla pagina “Cronache di spogliatoio” e le sue parole non sono di certo passate inosservate.
Cragno e le balbuzie: “Tutta colpa del…”
Cragno, nello specifico, ha spiegato di soffrire di balbuzie sin dalla tenera età a causa del suo stato emotivo: “Tutta colpa del diaframma e del mio stato emotivo. Ho provato a curarle, e lo faccio ancora adesso. Vado dalla logopedista, ogni tanto faccio un ciclo di terapie. Da adulto è molto più facile. Quando hai 6 anni, prendi tutto come un gioco. Ora ho imparato a gestirmi”.
L’estremo difensore ha poi raccontato del suo approccio alle interviste: “Sono questo: parlo, balbetto, vado in diretta tv e faccio le interviste balbettando. Capita che, una volta rientrato negli spogliatoi, trovi qualche messaggio su Instagram: ‘Ciao, ti ho visto, ma come fai? Io soffro del tuo stesso problema e mi vergogno nell’approcciare alle persone’. Ne patiscono, come me, oppure sono i genitori di quei ragazzi che hanno la mia stessa caratteristica. Mi dicono ‘grazie’ perché mi vedono sereno e prendono coraggio”.