Ana Maria Markovic, il calcio femminile è ai suoi piedi. Talento cristallino e bellezza che, però, non sempre gli hanno portato bene.
Il calcio italiano è arrivato tardi al professionismo femminile, questo ha rallentato e ostacolato un movimento in crescita e con ottime prospettive di evoluzione: si evince ancor di più durante gli Europei quanto l’Italia sia indietro in termini di parità rispetto agli altri Paesi. L’attività femminile, spesso, concepita come consolatoria anziché fondamentale. La strada verso la parità di considerazione e potere d’acquisto è ancora lontana, ma qualcosa si sta muovendo.
Altrove si sta meglio, forse, se si è donne e con gli scarpini. Luci e ombre, tuttavia, ci sono anche fuori dall’Italia. Tanto basta per rendersi conto che, a conti fatti, tutto il mondo è paese. Gli stessi problemi, o quasi, li troviamo altrove: all’estero ad esempio c’è la questione procuratori. Molti si fingono tali e circuiscono ragazze sognanti solo per secondi fini non sempre leciti: accade anche in Italia, ma l’esperienza di Ana Maria Markovic potrebbe e dovrebbe far riflettere molti.
Ana Maria Markovic, talento e vessazioni: l’altra faccia del professionismo
22 anni, attaccante del Grasshopper, una bellezza fuori dal comune. Ancor più quando accarezza il pallone con una tecnica da far invidia a molte sue colleghe e colleghi. Nazionalità croata e posto fisso in Nazionale. Nulla di strano se non fosse che per arrivare dov’è ha dovuto faticare più degli altri per una questione formale, ma anche etica: “La fatica che ho fatto per essere presa sul serio ancora la ricordo”.
La donna si sfoga ripetutamente: “Mi concepiscono solo come modella, ma io sono altro. Voglio continuare a emozionare gli altri giocando a calcio. Ancora oggi mi telefonano finti agenti solo per uscire con me”. L’illusione del grande salto solo per poter approcciare: situazioni limite che abbiamo imparato a conoscere nel mondo del cinema, con il MeToo che cerca di arginare certe tendenze, ma anche il calcio non fa eccezione. I tacchetti pungolano gli esperti che, talvolta, passano il segno: l’altra faccia dell’avanguardia sociale e calcistica.