Maldini e Totti, due bandiere che per le loro squadre, sul campo, hanno dato tutto. La prospettiva cambia da dirigenti: la rendita è finita.
Paolo Maldini e Francesco Totti, così diversi e altrettanto simili nell’approccio che hanno avuto con Roma e Milan: dare tutto, anche di più, sul campo per ricevere meno (forse non altrettanto) appena gli scarpini li hanno appesi al chiodo. Essere dirigenti non è come giocare, su questo non ci piove: altre sfide, nuove priorità. Francesco Totti ha lasciato il ruolo che gli era stato affidato dal 2017. Ha retto qualche anno, per poi allontanarsi dalla Roma e rientrare come partner di Digitalbits.
Una situazione non voluta dall’ex Capitano, costretto – ha detto lui – a lasciare perchè “non gli facevano fare il suo lavoro”. Trovare personalità, mettere bocca sul mercato, farlo sentire indispensabile. Questo non sembrava essere possibile con i Pallotta al timone: concetto sottolineato dall’ex Capitano in una conferenza stampa al vetriolo nel Palazzo del Coni.
Maldini e Totti, luci e ombre di campioni dietro la scrivania
Il tempo ha visto Francesco Totti diventare un talent scout affermato e un procuratore promettente: in grado di consegnare alla Roma giocatori come Bove e Volpato direttamente dalla sua scuderia di talenti. Maldini, invece, a fare il Direttore Tecnico (quello che avrebbe voluto fare anche il suo collega) ci è riuscito: ha vinto uno Scudetto (da dirigente) con il Milan partecipando attivamente a quella che è stata la rivoluzione rossonera. Anni di adattamento e costruzione di una rosa giovane e competitiva.
Prontissimi al riscatto, in quel di Milanello, ma non al rinnovo. Paolo Maldini non ha ancora firmato con i rossoneri perché vorrebbe garanzie – circa la libertà di agire sul mercato e non solo – che oggi non ha. Oppure sente di avere, ma solo in parte. I fatti parlano da soli: il Milan – questo Milan – senza Maldini e Massara (Direttore Sportivo esemplare) non avrebbe raggiunto uno Scudetto che mancava dal 2011.
Le prospettive dirigenziali tra competenze e passione
Le difficoltà sul rinnovo, proprio come quelle scaturite con Totti, dovrebbero essere bypassate dai risultati ottenuti: quando un dirigente funziona, le obiezioni dovrebbero ridimensionarsi per trovare una quadra. L’ex Capitano giallorosso dalla sua non aveva i risultati, al di fuori delle prestazioni sul campo che con la cravatta indosso contano relativamente, ma Maldini sì.
Allora, lasciando stare la retorica sulle bandiere, il motivo per tenere in sospeso un dirigente come l’ex difensore rossonero – alla luce di quanto ottenuto – non sembra esserci. Assurdo parlare di pretese se in ballo ci sono obiettivi comuni. Anche per le bandiere la rendita non basta più: occorre esserne consapevoli. Altrettanto lampante, però, dev’essere l’importanza che certi volti ricoprono. Metterla in dubbio, persino di fronte ai risultati raggiunti, può essere miope. Persino in un calcio che cambia ascoltare (e cercare di capire) i campioni può far comodo.