Il calcio moderno risponde sempre meno alle esigenze dei tifosi e sempre più alle regole dei mercati: perché la proposta di Scaroni è danno per l’Italia.
Il calcio cambia a vista d’occhio. La tecnologia sta modificando le regole e i tempi di gioco; le sostituzioni sono ufficialmente aumentate a cinque in novanta minuti. Una soluzione che permette agli allenatori di fare maggior turnover durante la sfida. Infine, gli orari dei match.
Dal 1993, la Serie A ha cominciato ad introdurre alcune novità inerenti agli orari delle partite. Un tempo si giocava tutti in contemporanea. Da quell’anno, una gara su nove (campionato a 18 squadre) veniva disputata in solitaria. Fino ai giorni nostri. Oggi è un caso quasi eccezionale quando quattro squadre scendono in campo nello stesso momento. Le regole del mercato sono cambiate e i tifosi si sono rassegnati al calendario spezzatino.
Due partite di venerdì, tre di sabato, una di domenica come lunch match, una post-pranzo, una in fascia pomeridiana, una serale e anche il monday-night. Per non farsi mancare nulla. Un ricco menù che in realtà ha stufato parecchi appassionati. Eppure, al presidente del Milan Paolo Scaroni non va bene. C’è qualcosa nei calendari di Serie A che storpia, che danneggia i tifosi…in Cina!
Nell’intervista rilasciata al Foglio, il patron rossonero ha parlato di diritti televisivi, mettendo a confronto i guadagni della Premier League con quelli di Serie A: “Dai diritti tv internazionali, il campionato italiano prende 200 milioni di euro; in Inghilterra ne guadagnano due miliardi“. Poi il presidente del Milan affonda: “Dobbiamo uscire dalla nostra mentalità paesana e cambiare gli orari di alcune partite – spiega Scaroni – Ad esempio, basta giocare i big match alle nove di sera: a Pechino non la guardano“.
Inter-Milan alle 15 di pomeriggio, magari di sabato, anziché in fascia serale. In cambio, alle 20:45 un’emozionante scontro di metà classifica. La proposta avanzata dal presidente del club Campione d’Italia non risponde esattamente alle esigenze e richieste dei tifosi italiani, coloro che in massa guardano le partite in pay-tv o acquistano biglietti e abbonamenti per andare allo stadio. I supporter dello stivale finanziano il calcio italiano, eppure vengono ascoltati poco e in rare occasioni.
Negli anni, i tifosi si sono dovuti adattare alle nuove esigenze televisive. Sempre più fasce orarie, ma con una certezza: dagli anni ’90 in poi, la partita clou si gioca di domenica sera o in alternativa di sabato. Spesso e volentieri il calendario offre due-tre big match a weekend, che solitamente vengono disputati nelle fasce serali se non ci sono impegni internazionali prima e dopo la gara in questione.
Cambiare nuovamente i punti di riferimento dei supporter, modificando gli orari delle partite clou solo per assecondare una richiesta del mercato estero, appare controproducente. Se le nuove generazioni non sono più interessate al calcio moderno è anche per questa politica adottata dai dirigenti attuali del club del massimo campionato. Il loro interesse primario è guardare ai mercati esteri, andare a giocare la Supercoppa italiana in Arabia e disputare il Mundialito durante la Coppa del Mondo in America, anziché migliorare la qualità dello spettacolo allo stadio, puntare su calciatori di talento (ma quelli veri!) e accrescere l’appeal del prodotto italiano.
Quanti giovani tifosi guarderebbero di sabato alle 15:00 il derby d’Italia? Non sarebbe controproducente per lo show allo stadio e per le televisioni italiane che acquistano i diritti di trasmissione della Serie A? La proposta di Scaroni assomiglia più ad uno dei più classici autogol.
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