Giorgio Tirabassi è noto principalmente per aver interpretato il ruolo dell’Ispettor Ardenzi, ma ha narrato anche le gesta della Roma.
Giorgio Tirabassi, poliedrico, pronto, determinato, accattivante, ma soprattutto romanista. La sua è una passione che risale all’infanzia: ha sempre tifato Roma, grazie alla famiglia, amore per i giallorossi acuito tra i banchi di scuola. L’età adulta ha portato il successo: cinema, teatro (con Gigi Proietti) e televisione.
Un cult dietro l’altro a partire da quel Distretto di Polizia insieme a Ricky Memphis rimasto nella mente degli appassionati. L’amore per la Roma, però, non si è mai spento. “Vado, talvolta, allo stadio con la famiglia – racconta – ma adesso frequento meno. La squadra la seguo sempre, però”. Insomma, un legame indissolubile quello dell’attore romano che nel 1996 trova la sua massima espressione.
Tirabassi faceva già qualche film, i primi lavori, più alcuni spettacoli con Proietti. Quando viene improvvisamente coinvolto in un progetto inedito: l’opera è “Al centro dell’area di rigore”, dove interpreta il ruolo di Carletto. La storia racconta lo Scudetto di quella Roma “operaia”, sotto le gesta di Amedei, Andreoli e così via. Divenuti protagonisti per una generazione di ragazzi che, per seguire un sogno giallorosso, sacrificavano tutto.
Lo Scudetto del ’42 per credere in un riscatto non solo sportivo. L’odore di guerra sullo sfondo rendeva tutto più intenso e profondo. Esistono dei parallelismi con la società odierna, ma più che “il gioco degli specchi”, conta come gli intellettuali riescono a trovare la giusta dose di profondità e riflessione attorno al calcio. Rituale laico che, tuttavia, coinvolge chi ancora crede in qualcosa. Un destino, una volontà.
Il ritratto di una generazione dalla penna e la mente creativa di Bruno Garbuglia. Tirabassi lo ricorda così: “Era il più tifoso di tutti. Noi eravamo tutti tifosi, ma c’era una co-produzione in atto. Gli altri erano francesi – spiega Tirabassi – di calcio non gliene importava nulla. Bruno era un ottimo scrittore e sceneggiatore, abitavamo a pochi passi, avevamo anche dei progetti”.
“Poi, come spesso capita nella vita, non si sono conclusi. C’era un’idea, non siamo riusciti ad arrivare in fondo a quel lavoro”. Storie di una quotidianità che non c’è più: sembrava tutto più semplice, ma era pieno di ribaltoni che avrebbero reso tutto meno a portata di mano di come appariva. Tirabassi, con quell’opera, trovò la propria strada artistica. Cammino che segue ancora oggi. Tutte le strade portano a Roma e, nel suo caso, alla Roma.
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