Aurelio De Laurentiis dovrà ammettere la sua disfatta, dopo Insigne e Mertens è il turno di Fabian Ruiz: il Napoli così non cambierà mai
Chiunque sia passato per Napoli nelle ultime settimane, avrà notato in qualche angolo della città manifesti contro Aurelio De Laurentiis. Dai classici striscioni, a fotografie stampate ed incollate ai muri, alle pensiline dei pullman, persino accanto ai licei.
E’ risaputo che Napoli non sia una piazza così semplice per nessuno. Specialmente quando il tema di discussione è il calcio, più di una semplice passione. Si tratta di una fede, a volte persino una malattia, che per molti è causa di perdita di raziocinio. Un effetto dettato dall’amore, che ti fa esprimere con il cuore e non con la mente.
Anche con i sentimenti, però, si impara dagli errori. Si iniziano a riconoscere determinati segnali e con l’esperienza diventa più facile riuscire ad analizzare eventi, episodi e dinamiche che con gli occhi dell’amore passano in secondo piano.
Questa grande metafora sentimentale si ricollega perfettamente al rapporto tra i tifosi del Napoli ed il presidente Aurelio De Laurentiis. Qualche tifoso o qualche addetto ai lavori, infatti, ha iniziato già da tempo a scindere il sentimento dalla ragione, riuscendo nell’intento di un’analisi lucida.
Ecco dunque che, quando Lorenzo Insigne lascia la sua città natale per un mancato rinnovo, quando lo stesso fa un napoletano acquisito come Mertens, un portiere solido come Ospina o, come recentemente dichiarato dal suo ex agente, aveva fatto ai tempi anche Edinson Cavani, allora la rottura diventa insanabile e ben chiara a tutti.
Se per Koulibaly si sarebbe frapposto Luciano Spalletti, un destino comune ai sopracitati sembra averlo Fabian Ruiz, pronto a dire no al rinnovo di contratto per volare in altri lidi. Lungi da me addossare tutte le colpe al patron, il monte ingaggi va abbassato ovunque ed il Napoli non sarà l’unica squadra che agirà in questo senso.
Ciò che però ha generato una cicatrice sempre più profonda, una spaccatura tra la gente di Napoli ed il presidente De Laurentiis, è l’atteggiamento avuto nel corso di questi anni davanti a certe scelte. Si potrà infatti discutere in eterno se sia giusto o sbagliato rinnovare o meno un determinato giocatore a determinate cifre, ma l’addossare costantemente la colpa al calciatore, è un aspetto indifendibile.
Perché nel Napoli non è possibile fare chiarezza dal principio? Perché ogni addio viene interpretato come imposto dalla dirigenza? E soprattutto, perché bisogna attendere l’ultimo momento utile per una decisione così importante, stravolgendo anche l’assetto di una squadra? Rapporti incrinati ed un popolo stufo, per un club che non farà mai il salto di qualità con atteggiamenti di questo tipo.
Un modus operandi ormai scomparso da tempo anche nella cosiddetta “squadra provinciale” e che ha impedito agli azzurri di riuscire a terminare l’egemonia della Juventus, come invece hanno fatto Inter e Milan dopo anni difficili.
Aurelio De Laurentiis dovrà ammettere la sua incapacità nel riuscire a creare un dialogo sano con la propria città (non esente da colpe). Dovrà ammettere di non essere mai stato in grado di mantenere un rapporto saldo. Ed ora, con la necessità di vendere una società tra Bari e Napoli, forse, è davvero giunto il momento di sedersi ad un tavolo e capire se ne varrà ancora davvero la pena.
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