Paul Pogba è pronto a tornare alla Juventus e potrebbe diventare il francese che ha conquistato più trofei con la maglia bianconera
Paul Pogba sta per tornare alla Juventus. Gioiello lontano dagli eccessi delle stelle nella sua prima esperienza in bianconero, eppure distante e indecifrabile come le star, affascina come gli enigmi, come i puzzle a cui resta una tessera mancante. Torna per riprendere il filo di un discorso interrotto e magari per provare a diventare il francese con più trofei in bacheca con la maglia della Juventus.
Fra Torino e la Francia il legame è antico, storico. La corrispondenza di vedute e di stili di vita inizia ben prima del football. Torino conserva le tracce dell’imperatore Napoleone Bonaparte, soprattutto nella sabauda Palazzina di Caccia di Stupinigi, e della battaglia di Marengo, che portò il Piemonte a divenire parte dell’Impero francese nel 1802.
In bianconero, dalla Francia sono arrivati ventotto giocatori nella storia. Pogba è il quinto con più presenze. E compare nella classifica dei cinque più vincenti. In questa graduatoria, che esclude lo scudetto revocato per Calciopoli, non compare David Trezeguet, il primatista di presenze tra i francesi nella storia della Juventus. Un bomber da 171 gol in dieci anni. Una media di 17 anni gol all’anno che, ha detto Andrea Agnelli, “non ha bisogno di commenti. E’ stata una vera storia d’amore, David rimarrà per sempre nel cuore di tutti noi juventini”.
Non c’è nemmeno un’icona sportiva come Lilian Thuram che ha vinto “solo” due campionati (più un terzo poi revocato) e una Supercoppa Italiana. Thuram è arrivato alla Juve nel 2001, insieme a Nedved e Buffon: un triplo trasferimento reso possibile dalla cessione del campione che apre la classifica dei francesi più titolati in bianconero (graduatoria in cui i trofei vengono sommati e non pesati).
Quel campione è, ovviamente, Zinedine Zidane. La Top 5 dei francesi con più allori in bianconero, in cui ritroveremo anche Pogba, si apre con lui.
A Torino, Zidane è comparso senza fondersi con la città, amato per il genio che per sua stessa natura resta unico, distante, agitato e non mescolato. In fondo la sua Torino, scriveva Piero Bianco su La Stampa nel 2011, era ridotta a quattro: la villa dove viveva in Strada San Vito, il Comunale dove la Juve allora si allenava, il Delle Alpi dove giocava, il ristorante “da Angelino” in corso Moncalieri.
In cinque anni, ha vinto due scudetti (1997-98), una Supercoppa Italiana (1998), l’Intertoto del 1999, la Coppa Intercontinentale e la Supercoppa UEFA del 1996. Gli restano i ricordi del 6-1 in casa del Milan e di una semifinale di Champions League del 1997 in casa dell’Ajax che rimane una delle più belle partite della Juve di Lippi. Nelle parole del tecnico, futuro ct della nazionale campione del mondo nel 2006, c’è il senso del calcio secondo Zizou: “Possiede il dono di rendere semplici le cose difficili”.
Come Zidane, anche Patrice Evra ha conquistato sei trofei alla Juventus, in sole tre stagioni. Alla Juve l’ha voluto Antonio Conte, ma il tecnico che l’ha folgorato è Allegri. Rimasto legatissimo alla Juve anche alla fine della sua carriera, come ha più volte dimostrato attraverso i video estrosi sui profili social, secondo Sir Alex Ferguson che l’ha conosciuto bene al Manchester United è destinato a una carriera di allenatore. Il carisma non gli manca, sa come trasmettere passione e come parlare alle persone.
Con sette trofei, al terzo posto della classifica troviamo il francese più torinese di tutti, Michel Platini. I nonni arrivarono in Francia da Agrate Conturbia, a pochi chilometri dalla Barengo di Boniperti, Michel fa il viaggio inverso e diventa Le Roi della Juve dell’avvocato Agnelli. A parte le telefonate all’alba, i due mostrano lo stesso sguardo distaccato e ironico sul calcio e sulla vita. Platini pensa ma non corre quanto gli altri: per quello, scherzava ma non troppo, c’è Bonini.
Caschetto biondo e capacità polmonare da far invidia ai maratoneti, Bonini è la chiave della rivoluzione trapattoniana che crea la grande Juve degli anni Ottanta. Per fargli spazio, il Trap sacrifica Furino e libera l’estro di Platini dopo i mesi duri per la pubalgia. E non si ferma più. Vince il Pallone d’Oro nel 1983, lo scudetto numero 21 nella storia bianconera e la Coppa delle Coppe anche se nella finale di Basilea contro il Porto si notano più Vignola e Boniek, il “bello di notte”, autori dei gol per il 2-1 finale. L’anno successivo batte il rigore che vale la Coppa dei Campioni nella notte tragica dell’Heysel. Una notte che lo lascia nauseato dal calcio.
Vorrebbe smettere, mollare tutto, ma continua e nell’inverno del 1985 vince anche la Coppa Intercontinentale. E’ memorabile la sfida contro l’Argentinos Juniors. Le Roi lascia in eredità la più bella esultanza di sempre per un gol annullato poi batte il rigore decisivo nella serie che assegna il trofeo. Il suo tramonto coincide con una grande alba del rivale Diego Maradona, che Agnelli avrebbe voluto portare alla Juve, e ci sarebbe riuscito se gli scioperi degli operai alla FIAT non gli avesse consigliato una maggiore prudenza.
Alla Juve Platini ha conquistato due scudetti, una Coppa dei Campioni, una Coppa delle Coppe, una Supercoppa Europea e una Coppa Intercontinentale. Ha fatto parte di una squadra comunque indimenticabile. Un mito nel mito. Come ha scritto Giovanni Trapattoni nell’autobiografia “Non dire gatto”, “Platini… era Platini. Nessuna descrizione basterebbe a spiegare che razza di fenomeno fosse”.
Cittadino del mondo, poliglotta, a suo modo elegante anche con le tinte iridescenti sui capelli, Pogba alla Juventus ha vinto quattro scudetti consecutivi, due Coppe Italia e due Supercoppe Italiane (in quella del 2012 era già alla Juve ma non nella lista dei giocatori convocati).
Ha fatto parlare molto di sé per quanto visto in campo e molto poco per i comportamenti fuori dal campo. Il Pogba che i tifosi bianconeri hanno conosciuto era un giocatore che poteva attraversare mezza città per farsi incartare una coscia di pollo da Birilli, ristorante di Piero Chiambretti, cuore granata quant’altri mai nel mondo dello spettacolo. Dopo 178 partite ufficiali e 34 gol, la sua storia d’amore con la Juventus è pronta a ricominciare.
Il Bleu più titolato tra i 28 calciatori francesi che hanno indossato la maglia della Juventus è Didier Deschamps che arriva in bianconero a 25 anni nel 1994. E’ già un pilastro della nazionale, ha vinto la Coppa dei Campioni con il Marsiglia e due campionati in Francia. Vialli e Umberto Agnelli lo accolgono parlando in francese, ma il suo inizio è tutt’altro che felice: parziale rottura del tendine d’Achille, sei mesi di stop.
Ma torna e forma con Paulo Sousa una coppia di centrocampisti perfettamente integrata. Integrarsi con Deschamps, che pressa benissimo e ha un naturale senso della posizione, è peraltro semplice per tutti. Con la Juve vince tutto il desiderabile: tre scudetti, una Coppa Italia, una Champions League, una Coppa Intercontinentale, una Supercoppa Europea e due Supercoppe Italiane.
Nel 1998-99, la stagione della staffetta da Lippi ad Ancelotti, si chiude la sua esperienza da calciatore in bianconero. Tornerà da allenatore, nella prima stagione dopo Calciopoli, la prima in Serie B della Juventus. Ottiene la promozione immediata poi, a due giornate dalla fine, si dimette. Si era sdebitato, ha detto, con una società che per cinque anni gli aveva dato tantissimo.
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