A seguito dello scoppio della guerra in Ucraina, torna a parlare ai microfoni di CalcioToday il ds dello Shakhtar: le parole su Marcos Antonio
Ha passato uno dei momenti più terribili della sua vita, forse il più atroce. Si è trovato dal paradiso all’inferno in pochi istanti e uscirne non è stato facile. Carlo Nicolini, direttore sportivo dello Shakthar Donetsk, insieme all’amico e allenatore De Zerbi e tutto il suo staff, nonché pure i giocatori, sono rimasti chiusi in albergo e in un bunker per diversi giorni, dopo lo scoppio della guerra tra Ucraina e Russia.
“Non dormo più, è così da quasi due mesi. L’Ucraina è una nazione dove ci siamo trovati sempre benissimo. Mi ha accolto alla grande e la scorsa estate, quando bisognava scegliere un nuovo allenatore, non ci ho pensato due volte a scegliere e convincere De Zerbi. Alla luce di quello che è successo, mi sento un po’ responsabile”.
La guerra, una cosa terribile.
“Ti crolla tutto all’improvviso, non sa che fare e cosa fare. Devi imparare e gestire le tue emozioni in fretta, e soprattutto avere la responsabilità e occuparti dei tuoi ragazzi e di tutte le persone che lavorano con te. E’ stato allucinante, la più brutta esperienza della mia vita”
E’ successo tutto in un lampo.
“Eravamo in ritiro in Turchia ed eravamo primi in campionato. Sapevamo quello che stava per accadere e ci chiedevamo se fosse il caso tornare. Ci siamo affidati alle autorità e ci è stato detto che non c’erano problemi. Torniamo a Kiev di domenica, sapendo che avremmo dovuto preparare la prima giornata di campionato che si sarebbe disputata il sabato successivo. Appena torniamo sentiamo il discorso di Putin e continuiamo ad avere paura. Il martedì tornano i brasiliani e contestualmente la Federazione ci assicura che il campionato sarebbe ripreso regolarmente. Poi, scoppia il caos. Tutto finisce”
Siete stati diversi giorni in un bunker a Kiev.
“Siamo rimasti lì per quattro giorni, eravamo in grossa difficoltà, c’eravamo tutti noi allenatori e dirigenti e i giocatori con le loro famiglie. Per fortuna siamo riusciti ad andare via, ma è stato terribile, angosciante. E’ stata un’odissea. Lasciamo l’albergo e andiamo alla stazione di Kiev. Con la paura che una bomba o un cecchino potesse colpirci. Prendiamo il treno verso Leopoli: quattordici ore di viaggio. Ogni volta che il treno rallentava avevamo paura che entrasse qualche soldato e lo dirottasse. Un’agonia infinta. Poi cinque ore di viaggio in pullman fino al confine, due ore di controlli alla frontiera e altre due ore di viaggio per Budapest. Da li abbiamo preso l’aereo per Bergamo”
Le va di parlare di cose più frivole come il calcio e i giocatori?
“Assolutamente si anzi mi aiuta perché parlare di calcio è una cosa bella, semplice e poi è quello che faccio, sperando di farlo bene”
Va bene, allora ci parli di Marcos Antonio, un ragazzo che conosce bene, visto che l’ha portato lei allo Shakthar.
“Marcos Antonio ha dinamicità può fare bella figura in Italia. A centrocampo può fare qualsiasi tipo di ruolo, non ha il lancio alla Pirlo, non ha l’interdizione alla Gattuso, ma è un centrocampista moderno, controllo palla incredibile, fluidità e resistenza, corre per ben 12-13 chilometri a partita, gioca davanti alla difesa quando c’è da difendere o a sedici metri quando la squadra attacca. Non è ancora un giocatore finito, è un 2000, può maturare ancora e con Sarri può farlo alla grande”.
Dove lo collocherebbe?
Deve crescere sicuramente, dove può arrivare non lo so, ma per me in alto, non gli manca nulla. Allo Shakthar c’è stato Douglas Costa, un talento più cristallino, Fernandinho anche ma come tanti altri, ecco se li paragono all’età di 20 anni, l’età di Marcos Antonio, erano più o meno sul livello di Marcos, poi sono cresciuti e si sono completati. Marcos Antonio deve calarsi in una realtà italiana che non è facile, ma il suo è un investimento meno rischioso: sono tre anni che è in Europa, è pronto”
Caratterialmente?
“E’ un professionista al 100% sa anche già bene le lingue, è uno curioso il giusto, ascolta quello che l’allenatore gli dice, nonostante la fisicità (è alto 168 cm) ha un carattere e un temperamento che non fa invidia a nessuno, questa generazione di brasiliani sono ragazzi perfetti anche che dal punto di vista comportamentale”
Come lo vede alla Lazio?
“Roma è una piazza difficile, ma importante. E’ una sfida, però ritengo che è in mano a un allenatore che ha una esperienza e personalità, il ragazzo nonostante la giovane età ha quell’incoscienza dell’età e consapevolezza dei propri mezzi che lo porterà lontano e caratterialmente non si fa mettere in piedi testa a nessuno. I ragazzi vanno anche sostenuti, credo che la Lazio faccia un grosso investimento, potenzialmente prende un giocatore completo e aumenta il tasso tecnico e la personalità della squadra”
La trattativa va avanti spedita
“Non posso dire granché anche perché in questa situazione non è proprio semplice, ma non è facile per noi, non vorremmo vendere, e detta tra i denti, lo stiamo svendendo, dalle cifre che leggo non sono cifre da questo giocatore, vale quattro volte tanto, ma è anche vero che una situazione particolare. Da febbraio i giocatori brasiliani sono in patria, hanno il loro manager che porta avanti tutto. Un peccato perché siamo convinti che avevamo una squadra che avrebbe dominato in Europa, non dico che avremmo vinto la Champions, ma avremmo fatto un percorso simile dell’Ajax di qualche anno fa. Sicuro”