Mino Raiola è famoso non solo per la sua straordinaria attività di agente e procuratore, ma anche per come ha saputo forzare le regole del gioco
É entrato nel mondo del calcio a gamba tesa. E alla logica dei procuratori della vecchia dinastia, quella nei quali si entrava nei salotti dei presidenti a punta di piedi, ha contrapposto quella della voce forte e autorevole: a volte grossa.
Mino Raiola è scomparso oggi al San Raffaele di Milano. La notizia è stata ufficializzata dalla sua famiglia sull’account Twitter del procuratore e agente. Lo stesso dal quale pochi giorni fa la sua morte era stata smentita in modo secco. Ma chi lo conosceva sapeva che la situazione era disperata, ormai irrimediabile.
Raiola, 54 anni, non amava i giornalisti. Aveva rapporti frequenti con pochi e selezionatissimi cronisti. Tutti gli altri li sapeva usare come nessun altro.
“Non devono mai vederti arrivare…”
Sapeva quando smorzare una notizia e quando incentivarne un’altra a seconda di quelli che erano i suoi interessi… “perché la stampa serve sempre e solo ad alimentare un commercio, e a me interessa il mio”. L’ultima notizia che aveva smorzato era quella della sua malattia: perché stava male da tempo. E a febbraio quando un giornale estero scrisse che era in fin di vita arrivò puntuale la smentita.
Intorno a lui tante leggende. Ma soprattutto una serie di frasi che lo hanno reso celebre. Anche se detestava essere citato e fotografato. Una delle sue citazioni più celebri era quella di un film, “L’avvocato del diavolo”, una frase di Al Pacino: “Devi essere dappertutto, ma non devono mai vederti arrivare”.
Le frasi celebri di Mino Raiola
In realtà le sue stesse frasi sono diventate oggetto di icona e di meme. Quando gli dissero perché non gli piacesse lavorare in Italia rispose… “non è che non mi piace l’Italia. É che è più facile lavorare all’estero. In Italia qualcuno che ha voglia di fare incontra sempre l’ostruzionismo di qualcun altro”. E ancora… “se avessi voluto fare i soldi facili avrei rappresentato i politici. Come cambiano maglia quelli, da una parte all’altra da destra a sinistra, non c’è davvero nessuno”.
Un uomo solitario, ma non solo: “Ho pochi amici, selezionatissimi, e nessuno sa chi sono. Mi interessa il parere della mia famiglia. E di nessun altro. Di quello che la gente pensa di me non me ne frega nulla”.
I soldi muovono il mondo, soprattutto il suo: “Io lavoro per guadagnare, e ogni giorno lavoro per guadagnare più del giorno prima. Conoscete qualcuno che dica che si accontenta di guadagnare di meno? Io no, solo che io lo dico. E siccome io guadagno di più, quelli che lavorano con me guadagnano in proporzione. E sono contenti. Il tutto in un mondo il cui gettito è considerevolmente aumentato e tutti fanno soldi. Io ho solo interpretato il mercato”.
I giocatori non erano figli. Ma nemmeno dipendenti: “Con loro c’è un rapporto libero, e con ognuno di loro è diverso. Con Nedved ci si sentiva poco, con Ibra anche cinque volte al giorno. Balotelli mi chiama tre volte in dieci minuti. E poi scompare. I calciatori devono essere aiutati, ma soprattutto compresi. Alcuni hanno un disperato bisogno di essere guidati. E non parlo di soldi. Ma di vita quotidiana”.
Ibra e Balotelli
Uno dei pochi a mettere in riga Balotelli: “Con me certe stronzate non le può fare. E lo sa. Dunque non le fa”.
Tuttavia la frase più significativa riguardante Raiola la disse non più di due mesi fa in una lunga intervista Zlatan Ibrahimovic: “É il migliore. Sa trattare come nessun altro. Ha una prospettiva che va molto al di là del contratto e del campo, è un visionario, un precursore. Mi chiese se volevo diventare il calciatore migliore o quello più ricco. Gli risposi che volevo diventare il migliore. E lui di rimando… ‘bravo, così posso farti diventare anche il calciatore più ricco’….”