Gabriel Jesus ha una storia particolare: sin da piccolo ha vissuto in ambienti controversi, anche un’esperienza in galera.
Gabriel Jesus, da talento inerbì a oggetto di mercato. L’attaccante del Manchester City è passato dall’essere un diamante grezzo a diventare un talento purissimo: scadenza di contratto Giugno 2023, tanti top club alla finestra. Questo periodo d’oro non arriva per caso: il centravanti ha sempre fatto il suo lavoro con passione e ambizione. Essere un calciatore per lui era – ed è – una ragione di vita.
Nato in Brasile, il lato oscuro del Sudamerica che tanto dà in termini di emozioni e poco offre in termini di possibilità. Occasioni che i più fortunati possono trovare fuori: sono due tipi di persone quelli che hanno l’occasione di emigrare. Gli studiosi e i calciatori, ma se nel primo caso basta – per così dire – studiare (anche se con la povertà a certi livelli resta un’impresa), nella seconda ipotesi serve anche che qualcuno ti noti. Non basta essere bravi e talentosi, occorre lo sguardo giusto: quello che può aprire le porte al grande calcio.
Gabriel Jesus e la galera: perchè l’attaccante era spesso in prigione

Utopia costante che, in rari casi, diventa realtà. C’è anche chi, come Gabriel Jesus, quella realtà la agevola facendo sacrifici sin da subito. Privazioni diverse e più sviluppate rispetto agli altri che lottano comunque contro la povertà: l’attaccante combatteva la fame e i luoghi comuni. Ovvero che i brasiliani siano tutti bravi a giocare a pallone. C’è anche qualcuno scarso: gli altri sono bravi perchè si allenano. Non è tutto dovuto, anzi.
Jesus lo sa bene perchè gliel’ha insegnato la famiglia sin da piccolo che il sudore paga: le sue gocce oggi sono a peso d’oro proprio perchè, in tempi non sospetti, ne versava a fondo perduto. Si allenava anche in prigione: sembra la pubblicità di una nota marca sportiva, ma lui la gabbia l’ha vista per davvero.
Il campo era quello di Romao Gomes: la prigione più impenetrabile di quella parte del Sudamerica. Solo la Polizia giocava lì dentro. Quando arrivò il giovane Juan le cose cambiarono. Abitando nei paraggi, scavalca spesso le recinzioni e si allena con le Forze dell’Ordine. Lo fa per tutti gli anni dell’adolescenza: credito che oggi vale sul campo, esattamente come i sacrifici di allora. Campione dal passato sfaccettato, quel che conta è la prospettiva. Non solo il panorama, anche se ci sono sbarre con cui fare i conti.