José Mourinho torna da avversario a San Siro per Inter-Roma, una sfida in passato speciale anche per il “Mago” Helenio Herrera
“Sono colpevole di essere il più bravo”, diceva di sé Helenio Herrera. “I’m the special one” è l’autoritratto diventato soprannome più celebre di Mourinho. Due allenatori ammirati dai propri giocatori, e accusati dagli avversari, per la comunicazione estrema spinta fino alla manipolazione psicologica in spogliatoio e con i media.
Due assi di coppe, artefici dei grandi trionfi dell’Inter di Angelo Moratti e del figlio Massimo. Herrera ha portato il nome dell’Inter nel mondo, Mourinho ha forgiato l’ultima squadra italiana a trionfare in Coppa dei Campioni.
Hanno due vite da romanzo e tanti punti in comune, compresa la sfida di allenare la Roma dopo essere stati grandissimi all’Inter. Mourinho è in corsa per il successo in Conference League, per evitare una stagione con tanti sogni e “zeru tituli”. Le coppe raccontato un altro trait-d’union fra i due. Il Mago, infatti, nei cinque anni alla Roma ha sempre mancato lo scudetto.
Herrera ha lasciato l’Inter nell’estate del 1968. Il presidente della Roma Evangelisti accarezza il grande colpo dopo un’intervista alla RAI. Herrera incontra un dirigente giallorosso, Ettore Scapigliati, segretamente a Sasso Marconi. Tre giorni dopo l’intervista, il 31 maggio, il Corriere dello Sport titola: “Per una grande Roma, un grande allenatore, Roma-Herrera-scudetto”. Il Mago promette il tricolore in tre anni.
La prima stagione è densa di tensioni. Litiga con il capitano storico Giacomo Losi, rimprovera Sirena, Ferrari e Cordova colpevoli a suo dire di una vita privata non esattamente da atleti (polemica poi rientrata presto). Affronta le conseguenze di un giallo ancora irrisolto, la morte di Giuliano Taccola il 16 marzo 1969. Le voci su misteriose pasticche che avrebbe dato ai giocatori già ai tempi dell’Inter non si sono fermate. L’inchiesta della magistratura ha comunque prosciolto l’allenatore.
Inter-Roma: gli anni di Herrera, i sogni di Mourinho
La sua prima stagione si chiude con l’ottavo posto in campionato e la vittoria sul Foggia in finale di Coppa Italia. Il centro di Roma si trasforma in un unico, gioioso corteo giallorosso. La seconda, nonostante l’entusiasmo del pubblico, non va tanto diversamente dalla prima. La Roma finisce solo decima in Serie A ma si esalta in Coppa delle Coppe, fino all’amara semifinale persa al lancio della monetina contro i polacchi del Gornik Zabrze.
Herrera suggerisce a Peirò di scegliere testa, lo stesso lato della moneta che gli aveva permesso di vincere il sorteggio per la scelta del campo a inizio partita. Ma per andare in finale a Vienna sarebbe servito scegliere croce.
La cessione alla Juventus di Landini, Capello e Spinosi e gli attriti continui con il presidente Marchini rovinano la stagione 1970-71. A ottobre del ’70 Herrera ha un grave incidente stradale vicino Coverciano. Ad aprile scopre che la società non ha intenzione di rinnovargli il contratto. Allora attacca, accusa tutti di incompetenza. Viene esonerato poi richiamato a furor di popolo a fine campionato, dopo il passaggio del club da Marchini a Gaetano Anzalone. Ma a parte un titolo nel torneo anglo-italiano, la sua Roma continua a non decollare. Il Mago saluta l’8 aprile 1973 dopo un modesto 0-0 in casa contro la Ternana.
Molti anni dopo sua moglie, Fiora Gandolfi, invierà a Mourinho un racconto su Herrera. Ci vedeva la stessa intelligenza, la stessa passione di suo marito. Mourinho ha studiato il Mago anche se ai tempi del Real Madrid non si accreditava qualità taumaturgiche. “Sono un allenatore, non Harry Potter” diceva. Ma anche se non ha gli occhialini tondi, i tifosi della Roma qualche magia se l’aspettano dallo Special One. L’asso di coppe calato nella Capitale come il Mago Herrera. Con l’ambizione di arrivare a fare anche meglio di lui.