Tempo effettivo, al via la rivoluzione: come cambierà il calcio

Il calcio genera ultimamente sempre più lamentele ed interrogativi su perdite di tempo, VAR e minuti di recupero: che l’introduzione del tempo effettivo possa essere la soluzione?

Di tempo effettivo nelle partite di calcio si parla da decenni ormai, senza che tale ipotesi sia mai stata trasformata in realtà. Dopo l’avvento del VAR, poi, le discussioni sono tornate alla ribalta, soprattutto da quando le interruzioni dovute ai colloqui fra arbitro di campo e sala VAR, nonché le revisioni al monitor a bordocampo hanno aumentato notevolmente la durata delle partite.

Una delle tante interruzioni di gioco durante una partita (LaPresse)
Una delle tante interruzioni di gioco durante una partita (LaPresse)

Non è raro, infatti, assistere a gare interminabili con 7, 8 o addirittura 10 minuti di recupero per compensare il tempo perso. A questo, aggiungiamo infortuni con annessi interventi dei medici, proteste, sostituzioni, risse e chi più ne ha più ne metta, ecco che il calcio moderno conduce più di una volta a mini tempi supplementari che dovrebbero far ribattezzare anche la proverbiale zona Cesarini che andava fra l’89’ ed il 92′ e che ora si avvicina quasi al minuto 100.

Al tempo effettivo stanno seriamente pensando in Portogallo dove sono pronti a tentare l’esperimento nella prossima Taça Revelaçao che è un campionato giovanile (under 23) particolarmente seguito dai tifosi lusitani. L’idea sarebbe quella di giocare due tempi effettivi da 30 minuti ciascuno e con immediato blocco del cronometro non appena la palla non è giocabile o per interruzioni o perché oltre le linee del campo.

Le differenze tra tempo effettivo e recupero

La segnalazione dei minuti di recupero da parte del quarto uomo (LaPresse)
La segnalazione dei minuti di recupero da parte del quarto uomo (LaPresse)

C’è chi dice: a cosa serve introdurre il tempo effettivo quando basta recuperare oltre il 90′ i minuti persi? Questo è vero, ma probabilmente solo in parte. Pensate ad una partita in cui l’arbitro è costretto ad interrompere il gioco per 8 minuti al 60′, ad esempio: ebbene, fermare il tempo al 15′ della ripresa e ricominciare da lì non è lo stesso che aggiungere quegli 8 minuti come recupero finale.

Una squadra che sta attaccando, al 60′ ha ancora forza atletica, energie, freschezza e lucidità, l’allenatore può pensare ad altri cambi e la partita ha ancora una buona porzione da disputarsi. Giocare anche 8 minuti (che sono tanti) nel recupero non è certo lo stesso: le gambe e la testa rispondono diversamente, la sensazione è che la clessidra stia ormai scorrendo velocemente e gli attacchi risultano affannosi, quasi disperati.

No, decisamente i minuti di recupero sono una parziale consolazione e compensazione del tempo perso, mentre il tempo effettivo garantirebbe meno scene studiate a tavolino e la consapevolezza di riprendere esattamente da dove e da quando si era generata l’interruzione. Che sia la volta buona per fare almeno un tentativo? La FIFA, oltre a proporre i mondiali una volta al mese, potrebbe farci un pensierino.

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