La piaga del razzismo nel calcio purtroppo esiste ancora, ora però una sentenza esemplare può rappresentare una nuova svolta.
Il razzismo è uno dei cancri contro cui si sta lottando maggiormente nel mondo del calcio. E’ vero che negli ultimi anni è stato fatto tanto, ma in questa battaglia non esiste il concetto di “abbastanza”. E’ anche vero che il grosso della sensibilizzazione e dei deterrenti sono stati congeniali affinché il fenomeno venisse se non debellato, almeno molto limitato all’interno degli stadi. Ora però la giustizia si sposta anche sul web e colpisce anche i razzisti “social”.
La strada percorsa è tanta, molta purtroppo ce n’è ancora da fare, ma almeno i risultati si iniziano a vedere. La guerra del mondo del calcio contro il razzismo non conosce sosta ormai da diversi anni a questa parte. Sono state tante le iniziative per sensibilizzare i tifosi verso una problematica che mal si concilia con lo sport e la società civile in generale.
Durante gli Europei della scorsa estate ad esempio abbiamo visto l’introduzione dell’inginocchiamento prima del fischio d’inizio delle partite. Un’iniziativa che ha fatto anche discutere, ma che ha aiutato a creare anche uno spartiacque nell’ambiente, creando un gesto semplice ma evocativo, per mandare un segnale chiaro dai calciatori ai tifosi. Tuttavia esiste tutto un mondo, quello del web, in cui la situazione era per certi versi ancora non del tutto sotto controllo. Una sentenza recentissima però potrebbe segnare la svolta.
Chiunque sia stato allo stadio di recente l’avrà notato, a volte si è potuto sentire anche dalla tv. Alle prime avvisagli di cori, ululati, o qualsiasi altra manifestazione di matrice razzista, lo speaker dello stadio avverte i tifosi sugli spalti dei rischi che si corrono ad intraprendere condotte di stampo razzista. Dalla sospensione della partita, alla chiusura dei settori dello stadio, finanche al riconoscimento dei singoli colpevoli grazie alle videocamere interne. Le misure di sicurezza all’interno degli impianti sportivi sono sempre più efficaci contro i razzisti.
Cosa si fa però se il razzismo avviene via social? Quest’estate ha fatto scalpore l’apertura di un’indagine ufficiale da parte delle autorità britanniche nei confronti di un ragazzo 19enne che su Twitter aveva tempestato di insulti razzisti Rashford. L’attaccante del Manchester United e della Nazionale Inglese era stato preso di mira a causa del suo errore nella lotteria di rigori che ha consegnato l’Europeo all’Italia nella finale proprio contro l’Inghilterra.
I tweet di Justin Lee Price di Worcester sono dunque stati considerati crimini d’odio a tutti gli effetti. Il ragazzo è stato quindi condannato a 6 settimane di carcere. Un segnale chiarissimo da parte delle autorità che lasciano intendere che d’ora in avanti anche sul web sarà tolleranza zero.
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