Cosa cambia con il nuovo fair play finanziario che verrà approvato nel prossimo esecutivo della UEFA il prossimo 7 aprile: tutte le novità e gli scenari per le italiane in Europa
Il fair play finanziario tornerà. Questa la promessa della UEFA e del presidente Aleksander Ceferin. E tornerà anche presto. Il nuovo set di norme dovrebbe essere varato in occasione della prossima riunione dell’esecutivo in programma il 7 aprile prossimo. Le principali novità riguardano controlli sui debiti scaduti e sul patrimonio delle società, e la possibilità di retrocedere le squadre in caso di violazione dalla Champions League in Europa League o in Conference League.
Il tema centrale di questa versione del fair play finanziario come della precedente è il controllo dei costi. In futuro, cambieranno i parametri perché diversi saranno in principi in base ai quali si cercherà di raggiungere l’obiettivo centrale della riforma: ovvero fare in modo che i club riescano a garantirsi conti economici in ordine con le loro forze.
Rispetto al passato, le perdite massime consentite in un ciclo triennale saranno portate da 30 a 60 milioni, ma diventa stringente la soglia del 70% come percentuale massima dei ricavi da spendere nei cosiddetti “costi sportivi”.
Fair play finanziario, cosa cambia per le italiane in Europa
Dunque, per trasferimenti, stipendi, commissioni agli agenti, un club non potrà spendere più del 70% di quanto entra. La soglia sarà introdotta per gradi, come spiega Marco Iaria nella sua newsletter per la Gazzetta dello Sport: sarà fissata al 90% nella prossima stagione e via via ridotta fino a raggiungere il 70% nel 2024-25. “Al momento, gran parte delle squadre italiane di alta classifica sforerebbero il tetto” scrive Iaria.
L’attenzione sul conto economico resta, così come rimane centrale la questione della consistenza della società e della solidità dal punto di vista patrimoniale. Fissare i limiti di spesa in una percentuale dei ricavi, però, comporta un evidente rischio distorsivo. Perché le squadre che guadagnano di più potranno spendere di più.
E dunque il gap che si è aperto tra le squadre più ricche e le altre, tale da rendere meno appetibile la Champions League, non sarà risolto. Anzi. La questione dell’equilibrio competitivo nella massima competizione per club è centrale, anche per la stessa UEFA: è proprio questo aspetto che ha spinto a dare più concretezza rispetto al passato al progetto della Superlega.
Il fair play finanziario ha dato grandi e innegabili risultati dal punto di vista della salute globale del pallone, a livello macro. Ma non ha aiutato a migliorare la competizione tra i club. Se insieme alla norme venissero introdotte forme di sostegno per le squadre più deboli, l’effetto sarebbe migliore. Un po’ come accade nella MotoGP, che impedisce determinati sviluppi delle moto ai top team, ma li consente ai più deboli finché il loro livello non è sufficientemente competitivo. Sarebbe una mossa rivoluzionaria anche nel mondo del calcio.