Napoli-Milan torna ad essere una sfida scudetto che mette di fronte due identità diverse come accadeva negli anni Ottanta quando giocavano Maradona e Van Basten
Napoli e Milan tornano a scontrarsi in una sfida che vale un bel pezzo di scudetto. Era da tempo che la sfida fra due squadre che raccontano due lati dello spirito dell’Italia non risultava così importante per il destino del campionato di Serie A.
Chiunque vinca, passerà in testa alla classifica superando l’Inter, un pareggio le porterebbe entrambe al primato condiviso con i nerazzurri. Il girone di ritorno premia la squadra di Spalletti, che ha guadagnato 18 punti in otto partite, tre in più del Milan.
Anche la tradizione recente è favorevole agli azzurri, che sognano di rivivere con Spalletti i sogni tricolori vissuti con Alberto Bigon e Ottavio Bianchi in panchina quando in campo brillava Maradona. Il Milan ha vinto solo uno degli ultimi 14 scontri diretti, 3-1 a Napoli il 22 novembre 2020.
Napoli-Milan è una promessa di gol, infatti nelle ultime cinque sfide nello stadio oggi intitolato a Diego Maradona se ne sono segnati di media 4,4, per un totale di 22. Proprio ai tempi di Maradona risalgono le grandi guerre dei mondi, fra il calcio come arte e la squadra come orchestra di Arrigo Sacchi che hanno infiammato la storia della rivalità.
“Negli ideali della storia, ne’ miti della leggenda, c’è una linea oltre cui comincia il delirio“. Arrigo Sacchi ha letto tante volte quella frase, che compare su una lapide di fronte al municipio di Fusignano dove acque Arcangelo Corelli, punto di riferimento per tutti i compositori del Settecento.
Sacchi ha galleggiato su quella linea con l’obiettivo di costruire una squadra che diventasse leggenda, un’idea che piacesse a calciatori e tifosi: perché non basta vincere, l’obiettivo è essere i migliori di tutti.
Per Ottavio Bianchi, il tecnico del primo scudetto nella storia del Napoli, il calcio era invece una cosa semplice: per suonare la musica giusta, quando uno ha il pallone, gli altri devono muoversi sapendo quel che devono fare.
Le sfide fra questo italiano moderno e spigoloso e il visionario di Fusignano innamorato del calcio totale olandese, convinto che il pressing fosse arma offensiva molti anni prima che diventasse dogma, hanno deciso più di uno scudetto.
Erano gli anni del “Milano chiama, Napoli risponde”, ormai proverbiale congedo di Luigi Necco in ogni servizio per 90° minuto, come saluto a Gianni Vasino, che raccontava le sfide da San Siro.
Anni in cui le sfide fra Milan e Napoli valevano lo scudetto e l’affermazione di un modello di calcio, di città, di società. Da un lato c’era il tridente Ma-Gi-Ca, Maradona-Giordano-Careca, dall’altro gli olandesi del Milan di Sacchi. Da un lato una città, e una squadra, che è mille colori. Dall’altra la visione razionale e liberista del Milan di Sacchi e Berlusconi, la scienza applicata al successo.
Diego Maradona, simbolo di quel Napoli, ha segnato sei gol al Milan. Solo uno non ha avuto effetti sul risultato. Segnò infatti nel 3-2 dei rossoneri capaci di completare una rimonta epocale, e a lungo considerata controversa per le accuse di scommesse clandestine sulla partita, del primo maggio 1988.
La prima del Pibe contro il Milan finisce 0-0 su un campo fradicio di pioggia, il 21 ottobre 1984, mentre Niki Lauda in Portogallo diventa per la terza volta campione del mondo di Formula 1. Ma dalla successiva cambia tutto. Vediamo come sono andate le sfide all’allora San Paolo, oggi intitolato a Maradona.
L’anno successivo il Pibe segnerà l’ultimo dei suoi 11 gol stagionali con un gioco di prestigio tutto di sinistro. Nell’anno dello scudetto, timbra l’ultima curva prima della gloria con una delle perle più splendenti della sua collezione italiana: controllo di coscia, dribbling sul portiere Nuciari e tiro, tutto senza che la palla tocchi terra.
E siamo a quel primo maggio 1988, in cui è Pietro Paolo Virdis a cambiare la storia del campionato a tre giornate dalla fine. Quel giorno nasce la leggenda di una squadra che cambierà il calcio negli anni a venire. La magistrale punizione di Maradona non basta, Virdis firma la doppietta a cavallo dei due tempi, Van Basten rende inutile il centro finale di Careca. Anche Napoli applaude i nuovi campioni.
L’anno successivo trionfa l’Inter dei record, davanti proprio a Napoli e Milan. Al San Paolo, all’andata, Maradona inizia la vendetta per la sconfitta di maggio con un pallonetto da 30 metri, prima di una doppietta di Careca e di una rete di Francini. Finisce 4-1, a fine stagione il Milan alza la Coppa dei Campioni, gli azzurri trionfano in Coppa Uefa.
Nell’anno del secondo scudetto del Napoli, nel febbraio del 1990, quel Milan vinse 3-0 con i gol di Massaro, Maldini e van Basten. C’era ancora Giulio Andreotti al Governo, i Pooh avrebbero vinto Sanremo avremmo tutti continuato a cantare “trottolino amoroso” come Minghi e Mietta.
In estate, però, insieme a Beautiful alla tv e alle notti magiche inseguendo un gol, Napoli avrebbe festeggiato l’ultima magia di Maradona. Il condottiero verso un secondo tricolore, il talento impossibile da inquadrare che come pochi altri riuscì a scardinare le teorie sul calcio di Arrigo Sacchi.
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