Il terzino ucraino del Manchester City Oleksandr Zinchenko ha raccontato alla BBC le sue emozioni al decimo giorno di guerra nella sua nazione
Il terzino del Manchester City Oleksandr Zinchenko si è dato una missione. Sente di dover raccontare al mondo quello che sta succedendo nella sua Ucraina, da dieci giorni bersaglio dell’invasione della Russia e di un assedio sempre più pesante. Circa un milione di persone hanno lasciato la nazione, tanti altri invece sono rimasti a combattere contro l’esercito russo. Il 25enne, emozionato quando è sceso in campo in FA Cup con la fascia di capitano al braccio e una bandiera dell’Ucraina, ha raccontato le sue emozioni alla BBC.
“Ho parlato con tante persone che sono dalla nostra parte – ha spiegato -. Tanti mi raccontano che quello che sta facendo vedere la tv russa è ridicolo. La mia missione è di raccontare al resto del mondo quello che sta succedendo“.
La propaganda fa infatti sempre più parte di questa guerra. Il governo russo ha minacciato di mettere in carcere fino a 15 anni i giornalisti colpevoli, a giudizio delle autorità, di diffondere quelle che verranno considerate notizie false. Per questo la RAI, come altre emittenti internazionali, hanno interrotto le corrispondenze da Mosca.
“In alcune città nella parte più bassa dell’Ucraina, i russi inscenano proteste per far apparire che i cittadini vogliano unirsi alla Russia – ha aggiunto Zinchenko -. Posso farvi vedere un milione di foto, un milione di video, posso mostrarvi ogni città che hanno distrutto. La gente è alla fame, dorme per terra nei bunker e può solo cercare di sopravvivere”.
Zinchenko, la confessione drammatica: “Continuo a piangere…”
Il messaggio più importante che Zinchenko vuole lasciar passare nella lunga intervista con Gary Lineker è l’urgenza di fermare la guerra.
Emozionante il suo racconto della prima notte di guerra. “Mia moglie mi ha svegliato, qui in Inghilterra era mezzanotte. Stava piangendo. Io ero scioccato. Lei mi ha fatto vedere video, foto, quello che stava succedendo in Ucraina. E’ una sensazione simile a quella che provi quando una persona cara sta morendo. Ma questa è molto peggio“.
Il calcio per certi versi lo distrae, ma quella sensazione non se ne va. “Mi capita di piangere per un nonnulla, in qualunque posto, anche mentre sono in macchina dopo l’allenamento – ha confessato -. E’ tutto nella mia testa. Penso al posto dove sono nato, dove sono cresciuto. Adesso è uno spazio vuoto. Se non fosse per mia figlia, per la mia famiglia, adesso sarei a combattere anche io”.