Roman Abramovich a tutto campo. L’oligarca russo, molto vicino a Putin, non solo vuole evitare le sanzioni ma ha un piano contro il leader.
Roman Abramovich nel mirino degli inglesi e non solo. La posizione del magnate russo, dopo lo scoppio della guerra in Ucraina, è a rischio. La credibilità del businessman è fortemente compromessa dato che ora gioca un ruolo di primo piano: il suo nome è direttamente collegato a quello di Vladimir Putin.
L’ex proprietario del Chelsea è presente anche alla prima trattativa di negoziato per far terminare il conflitto di Kiev: motivo questo che ha fatto andare sugli scudi gli europei. In particolare Boris Johnson che ha detto chiaramente come i beni degli oligarchi russi presenti sul territorio inglese saranno confiscati: Roman, per non essere inghiottito dalle sanzioni, ha solo una strada. Vendere, nel minor tempo possibile.
I Blues nella sua mente sono già un ricordo del passato, poi c’è la residenza di Kensington Park e un’altra villa a Chelsea: valore di mercato 225 milioni di euro, resta la questione Blues. La squadra deve essere ceduta, ma il Patron (ancora per poco) assicura che verrà rispettato l’iter di vendita. Intanto si è dimesso dalla carica di Presidente, ora deve solo piazzare il colpo. Altrimenti le sanzioni saranno severe.
L’uomo d’affari approfitta della situazione per volgere i riflettori a suo favore: ribalta la situazione con poche e semplici parole. “Ho voluto solo il bene del club, dico di più i proventi della vendita andranno investiti in aiuti concreti per l’Ucraina. Questa è una decisione incredibile da prendere: odio separarmi dal club in questo modo“.
Lasciando stare il palmares durante gli anni targati Abramovich, l’oligarca in un colpo solo spazza via i rumors sull’amicizia con Putin e la possibile speculazione economica attraverso i titoli della squadra. Dichiarazioni provvidenziali che, però, non chiudono la mole di interrogativi ancora aperti. Intanto Roman ha giocato d’anticipo, qualcosa da questo calcio deve pur avere imparato: la miglior difesa resta sempre l’attacco.
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