Clarence Seedorf, pezzo di storia del Milan, campione indiscusso e celebre per le sue giocate provvidenziali: detto anche Willy Wonka.
Clarence Seedorf, centrocampista che ha fatto la storia del Milan: in molti ricordano i gol, ma l’ex campione resta celebre per le sue giocate. Nelle partite che contano si esalta, una certezza che oggi molti rimpiangono. Seedorf era – e resta – una garanzia: le sue sgroppate in mezzo al campo sono da antologia.
In Champions League poi era un treno, quasi come se traesse linfa dai suoi avversari. Piedi educati, letali e precisi. I palloni che era in grado di dispensare erano telecomandati: finivano dritti al compagno di squadra, quasi sempre un attaccante. Il centravanti doveva solo spingere in rete: chiedere a Filippo Inzaghi. Molti dei suoi gol hanno scritto Clarence alla voce assist.
Clarence Seedorf, il Willy Wonka del Milan: le origini del soprannome
Un vero e proprio artista del pallone, giocoliere: si divertiva e faceva divertire. Una macchina costruita con classe e caparbietà. Non a caso Willy Wonka: dietro il suo soprannome c’è lo zampino di Carlo Pellegatti, nota voce del Milan. Telecronista che ha raccontato le imprese rossonere con un pizzico di verve in più: i soprannomi che dava e dà ai giocatori restano negli annali tanto quanto le azioni.
Seedorf era Willy Wonka per un motivo ben preciso: i più penseranno al colore della pelle, ma in realtà la ragione è diversa. Il riferimento a “La Fabbrica di Cioccolato” deriva dai suoi “cioccolatini” – così li chiamava Pellegatti – che dispensava ai compagni: assist puntuali e al bacio. Altro riferimento dolciario. Con il cioccolato ci si rifà la bocca, i milanisti si rifacevano gli occhi.
Un vero e proprio “pasticcere” del calcio: ogni assist era il perfetto mix tra quantità e qualità. Profilo gourmet. Infatti anche Pellegatti con Seedorf in campo si sperticava in applausi ed encomi di vario genere, perchè quando è andato via il vuoto si è sentito: la “Fabbrica di Cioccolato” ha chiuso. Finito il giro turistico, con dentro tanta storia. Il lieto fine, certamente, non manca.