Il cantante Gianni Celeste sta conoscendo un’inattesa popolarità grazie al “povero gabbiano”. Le storie di calcio legate a questo uccello
Il cantante siciliano Gianni Celeste, celebre rappresentante della scena neomelodica, sta conoscendo una nuova e inattesa popolarità grazie ai social. Per qualche motivo è infatti diventato diffusissimo sul social network Tik Tok il ritornello di una sua canzone di oltre trent’anni fa, “Tu comm’a mme”. Al centro del ritornelllo diventato tormentone il verso: “Povero gabbiano, hai perduto la compagna”.
E’ una canzone scritta per raccontare la fine di un amore. Il protagonista si paragona all’uccello, si vede solo e abbandonato sulla spiaggia, costretto dunque a girare in tondo, in una triste solitudine.
Potremmo, per certi versi, parlare di un “povero gabbiano” anche nel mondo del calcio. Sono tante infatti le squadre in Italia e in Europa che hanno scelto animali con le ali come stemmi e mascotte. Ma il gabbiano non è certo il più popolare, come dimostra questa breve antologia che ci porta in viaggio per cieli e oceani lontani.
La squadra più celebre ad aver adottato il gabbiano come stemma è il Brighton & Hove, che milita in Premier League. La città è celebre per il porto, caratteristico proprio per la grande presenza di uccelli, soprattutto i “Seagulls”, i gabbiani appunto. Uno di questi compare nello stemma della squadra, e non a caso spiega anche il soprannome dei calciatori, detti proprio Seagulls.
Il nostro breve viaggio per seguire le orme del “povero gabbiano” nel calcio ci porta ora in Norvegia. Più precisamente all’Haugesund, che condivide il soprannome con il Brighton. Nello stemma ufficiale della città compare l’immagine di tre gabbiani sullo sfondo di un panorama in cui una montagna si appoggia all’orizzonte sul mare. L’immagine dà il nome al principale gruppo organizzato di tifosi della squadra, il Maakeberget, che in norvegese significa “Montagna dei gabbiani”.
Esiste anche una squadra nel piccolo arcipelago delle Isole Far Oer che si associa a questo particolare animale. E’ il Víkingur, fusione di di LÍF Leirvík e GÍ Gøta, i cui calciatori sono detti anche Giovani Gabbiani. E’ un soprannome ereditato, era quello assegnato inizialmente al GÍ Gøta.
In Italia il gabbiano compare nello stemma del Monopoli Calcio, che sul suo sito ufficiale alla pagina della mascotte non spiega la storia, ma presenta un riferimento a Jonathan Livingston, il più famoso esemplare nella storia della letteratura mondiale, raccontata nel capolavoro di Richjard Bach.
Nella storia del calcio, un gabbiano è finito anche in un museo. Si tratta dello sfortunato esemplare ucciso da una pallonata del portiere del Feyenoord, Eddy Treijtel, il 15 novembre 1970.
L’episodio, al momento considerato comprensibilmente insignificante, si è verificato al 63′ di un derby acceso contro lo Sparta Rotterdam, in quel momento sull’1-1. Un rinvio del portiere del Feyenoord si è rivelato letale per l’uccello, che stava volando a una trentina di metri di altezza non lontano dall’area di rigore.
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Il gabbiano cade stecchito a pochi passi dall’esterrefatto arbitro Ad Bogaerts e viene deposto fuori dal campo da uno dei giocatori dello Sparta, Hans Eijkenbroek. Il gioco continua come se nulla fosse accaduto, ma quell’episodio ha acquisito presto una fama enorme. Treijte resta ricordato soprattutto per quell’episodio, anche se ha partecipato ai Mondiali con la nazionale e vinto campionati nazionali con entrambe le squadre in campo in quel momento, Feyenoord e Sparta.
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La leggenda vuole che un tifoso abbia recuperato il gabbiano morto, deposto vicino a un cartellone pubblicitario, e gli abbia dato fama immortale. Il derby però è continuato, perché un gabbiano è anche nello stadio dello Sparta, ed entrambe le società giurano che il loro è proprio quello colpito dalla pallonata nel lontano 1970. E’ proprio vero, povero gabbiano.
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