Serie A, da Montella a Pippo Inzaghi fino a Pirlo e Gattuso. I campioni del passato fanno fatica ad affermarsi come allenatori: i dati.
Il bacio alla polsiera, sistemare i parastinchi, i più devoti fanno il Segno della Croce: ognuno ha i propri. I rituali del campione sono diversi, ma tutti (o quasi) baciano l’erba prima di entrare. Loro che in mezzo al campo ci sono cresciuti e in uno stadio vogliono continuare a vivere: quel nome scandito a chiare lettere, le strette di mano, gli autografi, le lacrime. Le promesse, i gol e i sogni.
Un’icona del calcio si nutre di tutto questo: l’Italia di persone così ne ha avute – e continua ad averne – moltissime ma esiste un teorema (e non c’entra niente Marco Ferradini) secondo cui, nella maggior parte delle ipotesi, se fai bene da calciatore poi da allenatore stecchi. Non rendi come dovresti, la fama deve ricostruirsi e la credibilità anche.
Chiedere a Pirlo: un trequartista da applausi, lo chiamano il Maestro per via delle traiettorie che riesce a disegnare con il pallone fra i piedi: la “Maledetta”, così definiscono una sua punizione dal limite dell’area. Per dire quanto fosse letale. Tolti gli scarpini e annodata la cravatta, gli applausi sono diventati mugugni per una stagione con la Juventus mai ingranata del tutto. Nessuna esperienza da allenatore: primo incarico la panchina della Vecchia Signora. Se non è un salto nel buio questo.
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Ora il mister prende tempo. Lo stesso che serve a Gattuso e Inzaghi, altri “Eroi” di Berlino che devono rimanere a guardare nel momento in cui hanno deciso di allenare: solo l’ex centrocampista del Milan ha fatto qualcosa in più con il Napoli. Filippo Inzaghi incassa l’ennesimo esonero con il Brescia dopo l’esperienza a Benevento.
Anche quella fra alti e bassi, mentre da giocatore la musica era diversa: SuperPippo non sbagliava un colpo. Per non parlare di Montella, l’aeroplanino. In mezzo al campo immarcabile, in panchina sostituibile. Il volo l’ha preso davvero, dopo reiterati esoneri in Italia, per andare in Turchia. Assieme a Balotelli, un altro che di occasioni perse se ne intende.
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Elementi validi che in panchina devono tornare a scalare un sentiero: quello che da giocatori era tutto facile da allenatori diventa impegnativo. Subentra la responsabilità e soprattutto la capacità di capire cosa passa nella testa dei giocatori: allenare significa comprendere le necessità di un gruppo.
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Percorso che ciascuno affronta a modo proprio, ma per arrivare a qualche risultato serve tempo e pazienza: da giocatori impera l’immediatezza, un tecnico coltiva ogni aspetto fin quando non trova il proprio equilibrio senza scendere a patti con le debolezze e la possibilità di ripartire. Campioni si nasce, talvolta, ma allenatori si diventa.
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