In una edizione di Coppa d’Africa che passerà alla storia per le sue controversie, vince il Senegal grazie alle prodezze del suo portiere, al Camerun non basta un bomber da record
L’edizione 2021 della Coppa d’Africa, posticipata di un anno (l’anno prossimo si replica in Costa d’Avorio), è quella della pandemia e delle cocenti delusioni lasciate agli archivi da molte squadre favorite.
Un’edizione segnata da difficoltà logistiche, squadre divise che si sono allenate tra isolamenti e quarantene, grandi assenti (Osimhen e Ziyech su tutti) e nuove tragedie. Le otto vittime fuori dallo stadio Olembe, schiacciate dalla folla che voleva entrare nonostante biglietti esauriti e un cancello lasciato sciaguratamente chiuso, allungano la serie nera di episodi che rendono questa manifestazione tanto gloriosa quanto tragica.
Vince il Senegal, al suo primo trionfo assoluto. Ma la lista delle deluse, inevitabilmente, è estremamente lunga. Forse anche per questo i Flop sono molto più clamorosi dei Top di questa edizione.
Vincent Aboubakar – É assurdo pensare che l’attaccante del Camerun e dell’Al Nasri non sia bastato alla squadra di casa ad alzare il torneo. Otto gol, più di chiunque altro non solo in questa edizione ma in qualsiasi altra stagione della Coppa. Tanti e belli i gol di Aboubakar, che alza il Golden Boot Trophy e mastica amaro per un’uscita di scena ai rigori nella quale il Camerun paga anche un paio di suoi clamorosi errori che non hanno sbloccato la gara contro l’Egitto.
Edouard Mendy e Gabaski – Il duello a distanza in finale tra il portiere del Chelsea e il collega Mohamed Abou Gabal, per tutti da anni Gabaski, è stato uno dei momenti più alti ed entusiasmanti di questa edizione. Mendy è stato forse più continuo, Gabaski a tratti più spettacolare e persino più decisivo (senza di lui l’Egitto non sarebbe nemmeno arrivato ai calci di rigore).
In un mondo ideale il trofeo di miglior portiere sarebbe dovuto andare a tutti e due cosa che facciamo qui, dove la cosa conta almeno per noi. Il trofeo ufficiale invece premia solo il senegalese. I due si ritroveranno uno contro l’altro a fine marzo per il knock out game (andata al Cairo, ritorno a Dakar) per l’accesso ai Mondiali.
Sadio Mané – Sbaglia il rigore del possibile vantaggio, ipnotizzato da Gabaski. Ma trasforma quello decisivo della vittoria quando la palla pesa un quintale e la porta è piccola piccola. Una straordinaria freddezza quella dell’attaccante del Liverpool che per la verità la differenza in questo torneo l’ha fatta soprattutto prima della finale, non tanto con i tre gol marcati ma con una qualità di gioco ampia e di altissimo livello. Splendida l’immagine quando abbandona i compagni pazzi di gioia per andare ad abbracciare il suo compagno di squadra Salah, in lacrime e disperato dopo la sconfitta ai rigori.
Aliou Cisse – Molti hanno scritto che questa Coppa d’Africa è stata quella della rivincita degli allenatori africani. Vero ma fino a un certo punto. Come Belmadi anche Aliou Cissè è nato in Africa. Ma è cresciuto in Francia dove ha trascorso tutta la sua carriera calcistica. Tuttavia nel Senegal c’è molto di quella mentalità “joeur” dove il termine francese diventa “joy”, piacere di giocare. O ce l’hai o non ce l’hai. Il Senegal, pur con un assetto tattico molto quadrato ed efficace, ha saputo esprimere quella gioia del gioco che non è mai da dare per scontata. E che alla fine è stata una delle chiavi del successo della squadra.
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Mohamed Salah – É sempre tra i migliori, spesso decisivo. Ma non riesce a fare la differenza. Molti colleghi africani hanno scritto che Salah sta ammalandosi di “Drogbism”, la sindrome riportata a Didier Drogba, universalmente riconosciuto come il più forte giocatore africano della storia recente (insieme a Eto’o) una raffica di trofei con i Club e di premi individuali ma incapace di portare al vertice la Costa d’Avorio di una generazione fenomenale. Tuttavia Salah, 29 anni, ha almeno altre due occasioni e tre anni di tempo per alzare il trofeo cui tiene più di ogni altro.
Algeria – Uscire com’è uscita l’Algeria, un solo punto e senza vittorie, è qualcosa di più di una detronizzazione. Ma ci sono motivi evidenti. La stessa squadra che un mese fa aveva dominato la Arab Cup si è presentata al via di questa rassegna in pessime condizioni, con tanti assenti e mezza squadra fuori per il Covid. La Federazione ha rinnovato fiducia al CT garantendogli appoggio e mezzi per rifondare il progetto. Che in realtà è ben solido e forte di molti giocatori di qualità. Ma tutto passa dal drammatico terzo turno di qualificazione al Mondiale che vedrà di fronte le grandi deluse di questa Coppa, Algeria e Camerun.
Camerun – Difficile dire se il Camerun sia la squadra dei Leoni indomabili (quelli veri) che rimontano tre gol in venti minuti al Burkina Faso e vincono ai rigori una finale di consolazione che non consola per nulla, o la squadra spuntata e imprecisa che sbatte la testa contro la difesa dell’Egitto per sbandare paurosamente in difesa nel finale. Sicuramente era la super-favorita del torneo, e non solo per il fatto di giocare in casa.
Ma anche perché i valori di questa edizione di Coppa d’Africa erano sostanzialmente molto equilibrati. E le eliminazioni perentorie di colossi come Nigeria, Ghana e Algeria lo hanno dimostrato. Il Camerun ha vinto una partita che contava poco e perso l’unica partita che avrebbe dovuto vincere. Giocando come quei venti minuti della finalina per il terzo posto non avrebbe mai perso.
Arbitraggi – Di tutto di più. Senza volere essere cattivi, e buttare la vicenda in burla, possiamo dire che il margine di miglioramento degli arbitri africani è considerevole. Se il sudafricano Victor Gomes, fischietto della finale, si è dimostrato non solo bravo ma anche molto umano ed empatico nella gestione della gara, quello che si è visto sia nella fase a gironi che nelle eliminatorie è stato a tratti imbarazzante. Consultazioni interminabili al VAR con arbitri che sconfessano l’evidenza. Direttori di gara che si dimenticano del recupero e fischiano in anticipo. Altri che non ammoniscono ammettendo di avere dimenticato i cartellini in spogliatoio. Troppo…
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