Mario Pagotto, dal Bologna ai campi di Hohenstein: così la squadra del Cernauti l’ha salvato

Per la Giornata della memoria, ricordiamo la storia di Rino Mario Pagotto: storico difensore del Bologna, fatto prigioniero dai nazisti e salvo grazie al calcio. 

Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario. Ripercorrendo le storie raccontate dai sopravvissuti alla Shoah e dalla Seconda guerra mondiale è possibile capire meglio il passato, ma soprattutto il presente. Nella Giornata della Memoria, ricordiamo la storia di un calciatore italiano degli anni ’30 e ’40, che proprio grazie al calcio è riuscito a salvarsi dalla disperazione dei campi concentramento e dai traumi post bellici.

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Stadio Dall’Ara di Bologna (LaPresse)

Rino Pagotto nasce a Fontanafredda nel 1911, nei pressi di Udine, ma ben presto la madre lo ribattezza Mario. Prima di appassionarsi al football, il giovane Rino prova il pugilato e il ciclismo, praticamente sport nazionali dell’epoca. Inizia a giocare a calcio nel Pordenone ad inizio anni ’30 e viene notato da un ispettore bolognese delle Ferrovie dello Stato che ha legami proprio con il club rossoblu. All’epoca, i felsinei erano tra le migliori formazioni in Italia e il loro allenatore era Árpád Weisz, tragicamente morto ad Auschwitz in quanto ebreo.

La storia del mister ungherese, storico vincitore di 3 scudetti in Italia, si lega e si intreccia con quella di Mario Pagotto. Infatti, fu proprio l’allenatore a lanciare il giovane e promettente terzino metodista (l’attuale centrale), che prima fece coppia in difesa con Fiorini, poi con Ricci, con il quale costruì un vero muro invalicabile. Stiamo parlando proprio del Bolognache tremare il mondo fa“.

Pagotto, la cattura e la prigionia nel lager di Hohenstein

Rino Mario Pagotto, ex difensore del Bologna
Rino Mario Pagotto, ex difensore del Bologna (Screen da Twitter)

Con lo scoppio della guerra, però, Mario è costretto a prestare servizio militare alla brigata alpina, nei pressi di Verona. La sua vita sarà completamente stravolta, ma lui ancora non sa che il calcio gli permetterà di non perdere mai la speranza e di tornare a casa.

A seguito dell’armistizio dell’8 settembre 1943, l’Italia e la Germania diventano nemiche. E così, i soldati tedeschi riescono immediatamente a catturare Pagotto e i suoi compagni della caserma. Il terzino del Bologna viene portato nel campo di prigionia di Hohenstein, nell’attuale Polonia. Qui “otterrà” la targhetta “DA 8659-I”, dove quest’ultima vocale indica l’origine dei prigionieri. Perderà circa 30 chili in sei mesi a causa del duro lavoro, delle scarse condizioni igieniche, della fame e dello sfruttamento. In questo periodo scoprirà, grazie alle lettere mandate dalla famiglia rimasta in Italia, di esser diventato padre di Piero.

Ma ben presto, gli ufficiali nazisti lasciano il campo a causa dell’arrivo dell’Armata russa e di una guerra che sta per essere ribaltata. Così, Pagotto e i suoi compagni italiani iniziano un lungo viaggio, quello che inizialmente sarebbe considerato del ritorno, ma invece diverrà illusorio e frustrante.

Il viaggio della speranza e “Quelli del Cernauti”

Il gruppo si ritrova a Odessa, nei pressi del Mar Nero, e poco tempo dopo raggiunge Cernauti, in Ucraina. Ovviamente, Mario e i suoi amici non sono più prigionieri, ma rifugiati, e qui cercano di capire bene come fare per ritornare quanto prima in Italia.

Nel frattempo, per trascorrere il tempo e allietare depressione e sconsolazione, Pagotto decide di organizzare partite di calcio, anche contro i rifugiati stranieri: olandesi, greci, belgi. Tutti creano delle rappresentative, delle sorte di nazionali dei campi. Ma nessuno riesce a battere “Quelli del Cernauti“. Già, perché la formazione creata dal difensore del Bologna è davvero forte e subito acquista fama nei dintorni.

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Intanto, il gruppo di amici e “calciatori” si sposta nuovamente in direzione Bielorussia, dove Pagotto crea un vero e proprio torneo dei “lager”. La sua squadra conosciuta come “Quelli del Cernauti” resta imbattuta per 18 partite di fila. Gli italiani sono invincibili. Diventa una sfida d’orgoglio per chiunque, così anche l’Armata dell’Unione Sovietica scende in campo per battere ad una partita di calcio Mario e i suoi amici. Arriva un nuovo sontuoso e umiliante successo per 6-2.

A quel punto “Quelli del Cernauti” sfidano un’altra super corazzata, sempre composta da italiani, imbattuta da 33 partite di fila: la formazione del Lembertow. Incredibilmente, Pagotto ha la meglio anche in questo match, disputato come tutti gli altri su terra e con porte costruite con giacconi o altri oggetti raccattati per strada. Con questa sorta di finale di un torneo calcistico quasi surreale, gli italiani iniziano a ritrovare fiducia perché la guerra è ormai finita anche in Italia: si ritorna verso casa.

Pagotto, finalmente l’Italia e…il Bologna!

E’ ormai la fine dell’estate del 1945, la Seconda guerra mondiale è praticamente giunta al termine, ed è tempo di tornare dalle proprie famiglie. Mario e i suoi compagni italiani attraversano l’Europa intera e dopo giorni di lunghi e faticosi viaggi si avvicinano verso la penisola. Il terzino del Bologna riesce a tornare finalmente a casa, dalla moglie Giuseppina e dal figlio, che finalmente può abbracciare.

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Pagotto ha vissuto praticamente due anni lontano da casa. Ha patito la fame, ha visto la morte con i propri occhi e ha sofferto in prima persona le pene del conflitto mondiale. Ma il calcio gli ha donato una grande chance, offrendogli la possibilità di dimenticare per qualche attimo di essere un prigioniero e rifugiato di guerra, e dandogli soprattutto la speranza di ritornare presto in Italia per scendere in campo in Serie A, con il suo Bologna. Presto fatto, una volta tornato a casa, rientra nella squadra emiliana per un altro paio di stagioni, perdendo però il posto da titolare. Chiuderà al Bologna nel ’48.

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212 presenze in rossoblu, tre scudetti conquistati da protagonista prima del secondo conflitto, un Torneo dell’Esposizione di Parigi nel 1937 vinto contro il Chelsea e una convocazione nella Nazionale di Pozzo. Fu questo il bottino calcistico di Rino Mario Pagotto, campione indimenticato del Bologna e leader della celebre squadra del Cernauti.

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