Antonin Barak ha raggiunto un traguardo storico per il Verona ma la sua carriera avrebbe potuto interrompersi molto prima che spiccasse il volo
Antonin Barak è entrato nella storia del Verona. A Reggio Emilia, nel 4-2 al Sassuolo, è diventato il primo centrocampista della storia del club a realizzare una tripletta in Serie A. Considerato da Pavel Nedved un giocatore da top club, ha iniziato la sua scalata in Serie A nel 2017, quando ha accettato la telefonata del presidente Pozzo che lo porta a Udine.
Nella prima stagione, insieme all’amico Jankto, segna sette gol giocando da mezzala. Poi però lo scenario peggiora. La lombalgia lo tiene fuori sei mesi durante la seconda stagione, nella terza resta ai margini perché gli allenatori che si succedono in panchina, Tudor e Gotti, non gli danno spazio.
Allora cambia casa e cambia vita. Per sei messi va a Lecce, dove resta innamorato della città e dei pasticciotti, il dolce tipico del posto. Rimane poco, ma i ricordi sono ancora vivi. “Torniamo nella nostra città preferita” ha scritto sua moglie Nikola nel 2021 pubblicando una foto delle loro vacanze in Salento dopo Euro 2021. A Lecce, anche la moglie ha vissuto il momento che cambia tutto, il culmine della stagione che stagioni non sente: qui è nato il primogenito della coppia, Tonik. Dal 2020 è un perno del centrocampo del Verona.
Barak ha cambiato tante volte strada nella sua carriera. La prima svolta da bambino, perché all’inizio giocava da portiere ma con quel sinistro limitarsi a usare le mani era uno spreco.
A 17 anni, poi, si manifestano le prime tracce di una sindrome da affaticamento cronica. Scopre così di essere nato con una malformazione congenita alla spina dorsale. La risolve solo dopo nove mesi di quotidiani esercizi, sotto la supervisione di medici specializzati. Ma è solo l’inizio.
Anche la sua carriera calcistica, infatti, comincia nel segno di una sofferenza. Stavolta non fisica, bensì psicologica. Succede tutto al Dukla Pribram, la squadra della sua città. La situazione per lui non è semplice, come capita a tanti ragazzi che si affacciano al mondo del calcio in condizioni simili. Sulla panchina delle giovanili, infatti, c’è il padre che l’ha sfiancato a suon di corse intorno al cottage di famiglia.
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Barak è già forte allora, ma come spesso capita l’invidia non risparmia Nessuno. Arriva in prima squadra, e un compagno lo perseguita. Non riesce a togliersi di dosso l’etichetta di privilegiato, di calciatore che ha goduto di una grande occasione solo perché figlio dell’allenatore delle giovanili. L’hanno sperimentata anche Paolo Maldini o, tra i suoi attuali compagni di squadra, Giovanni Simeone. “Ero davvero stanco. Tornavo a casa e piangevo”, racconta.
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Nel 2016, allora, se ne va per spiccare il volo. Va allo Slavia Praga, vince un campionato da protagonista e arriva fino alla Nazionale. Il volo lo porterà in Italia, verso un viaggio non ancora finito verso la storia.
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