Il Napoli resta la squadra colpita dalla sindrome di Peter Pan: ecco perché contro l’Inter è sfumata la grande occasione per crescere
La corsa di oltre 50 metri di Correa, che scarica il pallone per un solitario Lautaro Martinez, libero di battere Ospina con un destro rasoterra e preciso, è la perfetta rappresentazione di una squadra che non vuole crescere mai. Il gol del 3-1 incassato dagli azzurri nella super sfida con l’Inter dimostra tutte le lacune mentali, ancor più che tecniche, di un gruppo che fa sognare, ma che nel momento clou illude e delude.
Il Napoli insegue lo Scudetto, come un giovane cerca di sedurre una bella donna, che dopo tanta fatica, sceglierà sempre qualcun altro, più o meno bello. E’ quello che è successo ai partenopei in fin troppe circostanze, prima con la Juventus, poi lo scorso anno con la Champions e ora con un inizio di stagione promettente, ma che ha già incontrato una brusca frenata.
A San Siro, il Napoli è tornato a mostrare tutto il suo lato bambino. Quell’aspetto di un club risorto dalle ceneri, che ha regalato piccole gioie, ma che non è ancora pronto allo sviluppo, a quella crescita mentale definitiva, che lo farebbe diventare grande.
Leggi anche -> Napoli, terribile notizia per Spalletti: non solo Osimhen, KO per un altro titolare!
Il Napoli resta Peter Pan: perché con l’Inter non doveva perdere
La sindrome di Peter Pan, è una specifica situazione psicologica in cui troviamo un individuo che si rifiuta o è incapace di crescere, di diventare adulto e di assumersi delle responsabilità. In questa sindrome, un soggetto rigetta l’idea di vivere nel mondo “degli adulti” in quanto lo ritiene ostile e si rifugia in comportamenti tipici della fanciullezza.
Non si tratta ancora di una patologia inserita nel “Manuale Diagnostico dei disturbi mentali”, ma resta una condizione sempre più frequente al giorno d’oggi. E se in natura è un problema da affrontare, nel calcio, la cosa più importante tra le cose meno importanti, riflette una condizione attribuibile ad una squadra come il Napoli.
Gli azzurri sono incapaci di crescere, ma le prime giornate di questo campionato stavano dimostrando il contrario. La squadra di Spalletti ha vinto gare rognose, come quelle con Genoa, Torino e Salernitana.
Ha ottenuto un successo importante su una Juventus, sì malandata, ma pur sempre da battere. Eppure davanti ad un primo scoglio più grande, si è fermata. Dopo la sconfitta del Milan in casa della Fiorentina, gli azzurri avevano un compito: crescere.
Portarsi a +3 dai rossoneri e a +10 dall’Inter, avrebbe permesso ai partenopei di mostrare a tutti che questo sarebbe potuto essere davvero l’anno giusto, seppur solamente dopo la 13a giornata. Non perdere, riuscendo a strappare anche un punto in un campo ostico come quello dei campioni in carica, avrebbe reso chiaro che in pochi mesi la mentalità era stata ribaltata.
E invece no, il Napoli è uscito con le ossa rotte da Milano, nel vero senso della parola. Un 3-2 che ha portato strascichi importanti dietro di se, come la rottura dello zigomo di Osimhen, che resterà fuori 2 mesi, e l’infortunio alla gamba di Anguissa, assente anche lui per 3 settimane prima della Coppa d’Africa.
Napoli, sei Peter Pan e ora la strada è in salita
Zero punti, ma soprattutto, un atteggiamento sbagliato. Se nei primi minuti, anche con il gol di Zielinski, la musica sembrava finalmente cambiata, al gol di Calhanoglu i partenopei si sono sciolti come la neve milanese sotto un sole campano.
Schiacciati nella propria metà campo, costretti all’errore, spesso frenetici, imprecisi ed impauriti dal ruggito di San Siro. I calciatori del Napoli hanno incassato il secondo gol e sono scesi in campo nella ripresa senza forza e senza la giusta cattiveria.
Il simbolo dell’eterno Peter Pan è stato proprio quel terzo gol di Lautaro da cui è iniziata la nostra analisi. Rrahmani indietreggia, Fabian Ruiz non interviene e Mario Rui si dimentica l’argentino. La risposta finale degli azzurri è un impeto d’orgoglio, nonché l’ennesima dimostrazione che le capacità tecniche del gruppo sono evidenti.
Tutto avvenuto troppo tardi. Quasi come una punizione divina, quando il Napoli ha deciso di provare a strappare il pareggio, dimostrandosi più grande dei suoi fantasmi, il destino ha scelto che Handanovic, la traversa e una mira imprecisa, impedissero a Mario Rui e Mertens di siglare il 3-3.
Ora, per Spalletti, la strada è in salita. Se la classifica non è ancora compromessa, gli infortuni di Anguissa e Osimhen, la positività di Politano e Demme e gli impegni ravvicinati tra Europa League e campionato, dove i partenopei sono attesi anche da Lazio e Atalanta, faranno capire davvero ai tifosi se questa squadra vorrà lottare ancora una volta per il quarto posto o se è pronta davvero a lasciarsi alle spalle un’immaturità mai perduta.
di Claudio Mancini