Tante proteste contro le decisioni arbitrali e molta confusione tattica per Mourinho. La Roma crolla inaspettatamente anche a Venezia.
Jose Mourinho è sempre stato una mago della comunicazione. Un pregio che gli ha sempre permesso di spostare l’attenzione di tutti dove gli è più congeniale, cioè lontano dai problemi della sua squadra.
Quando però i problemi sono troppo grandi, e le sconfitte si susseguono, allora anche il portoghese comincia a risultare poco credibile. Soprattutto se, ai microfoni della stampa si continua a puntare il dito contro gli arbitri, una squadra costruita male dalla dirigenza, e non ben identificati complotti.
Intanto Mourinho naviga a vista e non sembra avere le idee molto chiare. Ne prende 6 contro il Bodo Glimt in Norvegia schierando nove calciatori su undici che dall’inizio della stagione a stento si erano alzati dalla panchina per riscaldarsi. Al ritorno all’Olimpico non va oltre il 2-2 schierando i titolarissimi.
Perde 3-2 contro il Venezia sconvolgendo tatticamente la squadra, e domenica scorsa ne incassa 2 dal Milan.
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Quest’oggi l’ennesimo risultato negativo al Penzo contro il Venezia, apre tanti interrogativi rispetto al motivo per cui la Roma abbia voluto fortemente Mourinho sulla panchina giallorossa.
Il Portoghese ha sempre allenato grandi squadre, zeppe di campioni e con gente di una certa esperienza. Quello che ci si domanda nella Capitale di sponda giallorossa, è se sia o meno, la persona indicata per rilanciare un progetto pieno di giovani.
Quanto possono servire continui stravolgimenti tattici e di formazione, in un contesto di crescita dove servono idee chiare da inculcare e strade ben solcate da seguire?
Inaspettatamente lo Special One contro il Venezia torna al 4-3-1-2, marchio di fabbrica del tanto vituperato Fonseca.
La squadra perde misure, occupa male gli spazi, e ne subisce addirittura tre dal neopromosso Venezia il cui obiettivo e salvarsi. Okereke va a nozze nelle praterie lasciate dai giallorossi, le cui manovre offensive sembrano più istintive che frutto di allenamenti in settimana.
Il tutto sotto gli occhi di un Mourinho seduto e imbronciato in panchina, quasi in sciopero. Non urla come di suo solito, non si sbraccia, non protesta. La Roma riacciuffa la partita e la ribalta grazie a un rigurgito di orgoglio misto a una netta superiorità tecnica, prima di crollare definitivamente.
Non si è capito se il portoghese, non un novellino in certi atteggiamenti, lo abbia fatto considerandola un’idea tattica giusta, o semplicemente per dispetto contro i suoi soliti fantasmi.
Quello che è chiaro, però, è che la Roma non c’è!
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