Rafa Benitez ha raccontato il dramma del Covid vissuto in Cina. Il triste retroscena del tecnico dell’Everton sulla durissima quarantena.
Da oltre un anno il mondo sta facendo i conti con la pandemia di Covid-19 che ha completamente cambiato le nostre vite. Negli ultimi mesi si sta intravedendo una luce di speranza, ma l’allerta rimane massima e nonostante i miglioramenti ci sono ancora molte regole da seguire. Nulla però in confronto all’inizio della malattia, scoppiata nella città di Wuhan e diffusosi velocemente in tutto il resto del pianeta.
Ora la situazione è decisamente più tranquilla rispetto a quando i paesi erano costretti a chiudere i confini nazionali e costringere le persone a restare in casa. Il famoso “lockdown” ha visto protagonista anche l’Italia, ma in alcuni stati le chiusure sono state molto più severe e stringenti. E’ il caso proprio della Cina che ha coinvolto anche Rafa Benitez, ai quei tempi allenatore del Dalian. Oggi è tornato in Inghilterra e allena l’Everton ma sarà difficile dimenticare quel duro periodo.
Leggi anche -> Rafa Benitez, gravissime minacce in Inghilterra: il motivo è da brividi – FOTO
Covid, Benitez rivela: “In Cina è stato un incubo”
In un’intervista molto confidenziale al “Daily Mail”, il tecnico della spagnolo ha raccontato l’incubo del Covid vissuto in prima persona nell’epicentro del contagio. Un momento davvero complicato a livello emotivo e lavorativo come spiegato attraverso un inquietante retroscena: “Quando sono tornato in Inghilterra, sono stato chiuso in una stanza per qualche giorno ma è totalmente differente a cosa ho vissuto in Cina. Ho dovuto passare settimane da solo in una camera d’albergo, mi bussavano alla porta per portami il cibo e le mascherine. Non puoi lasciare la stanza perché sei sotto strettissimo controllo, avendo un braccialetto sul polso con il tuo nome. Questa è la vera quarantena”.
Insomma una situazione quasi fuori dalla realtà che Benitez ha dovuto sopportare per circa cinquanta giorni, trovando soluzioni alternative per allenare la squadra: “L’unico mezzo che avevo a disposizione era il computer con cui interagivo con i giocatori. Guardavo su internet le partite internazionali perché in televisione c’erano quasi tutti canali cinesi. Poi cercavo di distarmi camminando lungo il perimetro della camera, facendo un po’ di esercizi fisici e leggendo notiziari. La prima stanza era di 70 passi, la seconda più piccola di 50 e continuavo a passeggiare fino a quando mi hanno liberato”.