Ribery alla Salernitana ha ridato gioia a una tifoseria di provincia. Il campione ex Bayern non è il primo a fare una scelta simile.
Ribery alla Salernitana ha riportato una città di provincia ad esaltarsi. Salerno in delirio come aveva fatto Firenze qualche anno prima, ma se nella città del Giglio sono abituati – per storia e tradizione – a grandi colpi, in Campania si vive di esaltazioni e la squadra di Salerno dopo aver raggiunto la Serie A (traguardo che mancava da diverso tempo) non si aspettava certo di avere a disposizione uno come l’ex Bayern Monaco.
Invece, spesso, i soldi non fanno la felicità. Per chi ce li ha già è più facile, ma esistono alcuni casi dove le sfide vincono sul portafoglio. Così il francese arriva a Salerno ed è accolto come un idolo, strade piene, sciarpe ovunque, un abbraccio collettivo indimenticabile.
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Lo stesso che avrebbe dovuto ricevere Buffon dopo esser tornato a Parma, ma non tutti i tifosi l’hanno presa benissimo. Qualcuno – specialmente della vecchia generazione – non ha gradito il passaggio alla Juventus per poi tornare a carriera (quasi) finita. Restando in tema, più di qualcuno ha scelto la provincia per concedersi un anno o due di “divertimento” in squadre meno blasonate: l’aiuto del campione, in certe realtà, vale doppio.
Chiedere a Batistuta che lasciò la Fiorentina dei tempi d’oro per andare a Roma, avrebbe potuto avere qualunque squadra, ma scelse la meno probabile: “Ho sempre seguito il cuore”, rispose. Parole più o meno simili a quelle usate dai suoi colleghi: “Sono qui per dare una mano”, ha detto Ribery, oppure Zico e Larsen che con Udinese e Verona accesero i sorrisi di quei tifosi incalliti con poche frasi del tipo: “Faremo il possibile”, che poi, puntualmente, diventava il massimo.
A loro viene facile, com’è stato facile – si fa per dire – per Baggio al Brescia. Una seconda giovinezza con le “Rondinelle” che, però, non gli valse il Mondiale con Trapattoni. Assieme a lui c’era anche un certo Pep Guardiola, tutti nomi che pronunciati oggi evocano sacralità. Forse proprio per quella loro umiltà di fondo che gli consente di mettersi in gioco ovunque, invece che “ritirarsi con dignità in una squadra all’altezza fra gli applausi”, come ha suggerito qualcuno. Ribery alla Salernitana è il segno che, talvolta, la ribalta non spetta solo ai potenti, che ancora non è tutto segnato e i sogni la fanno ancora da padrone quando si gonfia la rete e il cuore.
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