Napoli-Juventus, quando Maradona sfidava Platini: i duelli da leggenda

Napoli-Juventus allo stadio Maradona fa tornare alla mente i grandi duelli fra il Pibe de Oro e Platini negli anni Ottanta

Napoli-Juventus, quando Maradona sfidava Platini: i duelli da leggenda
Napoli-Juventus, quando Maradona sfidava Platini: i duelli da leggenda

Napoli-Juventus allo Stadio Diego Armando Maradona non può essere una partita come le altre. E’ ancora denso il ricordo dei giorni in cui il Pibe de Oro illuminava il San Paolo contro un genio francese che chiamavano Le Roi ed era nato in una via intitolata all’autore del Piccolo principe.

Nella seconda metà degli anni Ottanta, Napoli-Juventus voleva dire Maradona contro Platini. Da un lato un ribelle da letteratura, leader improvvisatore e generoso. Dall’altro, il simbolo di una Juventus che combina identità territoriale e sguardo multinazionale, in perfetta sintonia con la presidenza dell’Avvocato Agnelli. Da un lato l’attesa del miracolo e il sogno di riscatto, dall’altro la vittoria elevata a priorità.

Quando Maradona si presenta a Napoli, in un caldo pomeriggio di luglio, cambiando la storia del calciomercato e della Serie A, Platini è già il punto di riferimento elegante e distaccato, sottilmente crudele, della Juventus di Trapattoni.

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Napoli-Juventus, i grandi duelli Maradona-Platini

Il primo scontro avviene l’antivigilia di Natale del 1984. Il Napoli è terzultimo, la Juventus settima e un po’ distratta dal cammino in Coppa dei Campioni. La sfida è tutta concentrata sul duello a distanza fra i numeri 10. “Speriamo di non fare figuracce” dice il francese. “Non lo invidio, spero di batterlo in campo e magari di segnare” confessa l’argentino. Ci sarà tempo, per la vittoria e per i gol.

Quel giorno, il Napoli non riesce a contrastare l’organizzazione di gioco dei bianconeri. Maradona deve aiutare il centrocampo più che l’attacco. La Juve vince 2-0, e la rete finale la segna proprio Platini. “Non scambierei Platini con Maradona nemmeno adesso” commenta Agnelli. Nella gara di ritorno in casa, lo 0-0 finale rispecchia l’andamento di una partita dimenticabile.

Impossibile, invece, dimenticare la manifestazione del genio del calcio del 3 novembre 1985. A Fuorigrotta, arriva la Juventus campione d’Europa dopo la tragica finale di Coppa dei Campioni all’Heysel (39 vittime tra i tifosi per gli scontri e le misure di sicurezza drammaticamente inadeguate).

A un quarto d’ora dal termine, sullo 0-0, il Napoli ha una punizione a due in area. Il resto è storia. Il Pibe de Oro chiede a un perplesso Pecci di passargliela indietro, Maradona inventa la punizione a foglia morta più strabiliante del calcio, che sfida ogni legge della fisica, supera i sei uomini in barriera e vale la vittoria.

Lo scudetto lo vincerà ancora la Juventus, anche grazie ai 12 gol di Platini. Ma sta cominciando una nuova era. A fine stagione, i bianconeri cambiano tecnico. Si affidano a un uomo mite, quel Rino Marchesi che aveva allenato il Napoli nella rincorsa scudetto del 1981 con Krol e nella prima stagione di Maradona.

Il primo scontro diretto della stagione, al Comunale di Torino, è una lezione di calcio. Il vantaggio di Laudrup è una delle poche intuizioni per la Juventus. Il palcoscenico di Torino è tutto per il Napoli. Maradona non è tra i protagonisti, ma solo nel cast di supporto. Suo il calcio d’angolo per la rete del 2-1 di Giordano, prima del contropiede di Volpecina che chiude il 3-1 in casa dei bianconeri, come nel 1957.

Al fischio finale, Maradona si prende gli ultimi applausi a metà campo, Platini esce di fretta e a testa bassa. Le Roi è nudo. Sarà l’ultima sua stagione in Italia e nel calcio, almeno da giocatore. La sua Juve, ormai grigia e rassegnata, perderà anche al ritorno: 2-1, gol decisivi di Renica e Romano.

Se la Juve perde i colori, Napoli mostra i suoi. Nello scontro diretto e a fine stagione, quando si riempie di striscioni e bandiere tricolori per il primo scudetto della storia. Il “D10S” del calcio ha dato scacco matto al re.

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