Spinazzola e Tamberi, atleti dal destino comune. Entrambi hanno fatto la differenza nel proprio ambito dopo aver accarezzato il fondo.
Foligno e Civitanova Marche, non troppo distanti, ma mai così vicine. Sono nati – a poca distanza – Leonardo Spinazzola e Gianmarco Tamberi. Campioni, coetanei ed esempi. Nella vittoria, ma anche e soprattutto nella sconfitta. Se c’è una cosa che queste manifestazioni sportive, dal calcio al salto in alto, ci stanno insegnando è la possibilità di accettare e superare i propri limiti.
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Conviverci, se possibile, per risultare ugualmente vincenti: un successo si costruisce soprattutto nei momenti bui. Spinazzola, dopo l’infortunio a Euro 2020, dovrà scalare una montagna per tornare in forma. Dopo aver vinto un Europeo da assente illustre nella fase finale, risultando comunque tra i migliori. Tamberi la propria montagna l’ha già scalata. Da Rio a Tokyo, una vera e propria Via Crucis fatta di lacrime, sacrifici, speranze e duro allenamento.
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Spinazzola e Tamberi, da Tokyo a Wembley: destino da campioni
Tutto ripagato, alla lunga, da quel sorriso che li fa guardare avanti con la consapevolezza che il traguardo più bello resta il prossimo. Nell’anno in cui la parola resilienza è il segno dei tempi, la loro storia è una speranza per molti. Dopo il buio c’è sempre il sole, non a caso ce lo insegna lo sport. Così eterogeneo e simile al tempo stesso nel dire che ancora non è finita, il meglio deve ancora venire.
Spina e Gimbo lo sanno e l’hanno dimostrato, ma hanno ancora fame. Perché prima della cultura della vittoria hanno la volontà di superarsi. Ad ogni conquista corrisponde una goccia di sudore e anche qualche lacrima. Due facce della stessa medaglia che, oggi, brilla sempre più con un pallone tra i piedi o con le ali in dotazione il risultato non cambia. L’Italia esulta, sorride e riemerge dalle proprie cicatrici: (ri)margini di miglioramento.
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