Dietro l’impresa straordinaria dell’Italia che ha vinto il secondo Europeo della sua storia c’è il singolare e solidissimo rapporto tra Luca Vialli e Roberto Mancini
Il primo ad abbracciare Roberto Mancini dopo la parata decisiva di Donnarumma sul rigore di Saka è stato Attilio Lombardo: ma è stato con Luca Vialli che il CT finalmente si è lasciato andare a un’emozione tenuta sotto controllo molto a lungo. Lacrime da parte di entrambi, ognuno sulla spalla dell’altro e poche parole sussurrate all’orecchio.
Che cosa si siano detti Vialli e Mancini non è dato saperlo. Ma è certo che a questa finale e a questa vittoria tenevano particolarmente moltissimo e per motivi diversi che affondano le loro radici a trent’anni fa. Luca Vialli, team manager della squadra azzurra, uno dei primi acquisti pretesi da Roberto Mancini che ha ricostruito uno staff di amici e di grandi professionisti, (gli ex blucerchiati Lombardo, Evani, Salsano, Battara oltre a De Rossi), e il CT si conoscono da quando erano ragazzini. Vialli era il grande acquisto, preso dalla Cremonese per affiancare Mancini, prodigioso numero 10 della Sampd’Oro costruita da Paolo Mantovani, un presidente ricchissimo e visionario che voleva costruire qualcosa di straordinario e di unico. Suo figlio Enrico ereditò una gestione difficile che concluse un’era che i fatti avrebbero definito assolutamente irripetibile. Il calcio era definitivamente cambiato. In peggio per lo più.
Sua figlia Ludovica è dirigente della Federcalcio, divisione calcio femminile; sua figlia maggiore Francesca è non solo una grande tifosa ma una persona enormemente competente di calcio e di sport. In Francesca c’è molto di Paolo Mantovani, basta parlarle pochi secondi. Gli assomiglia in modo impressionante…
Quella Sampdoria era qualcosa di speciale, di unico. Una squadra cementata nell’ambizione e nell’amicizia tra scherzi, giochi e scommesse in un ambiente vincente e unico al mondo. La Samp vinse il titolo del 1991: ma perse la sua partita più importante… la finale di Champions League contro il Barcellona, proprio a Wembley, a causa di un gol di Ronald Koeman nei tempi supplementari. Una delusione cocente.
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Vialli la Champions l’avrebbe poi vinta con la Juventus; Mancini invece non l’avrebbe conquistata più. A Wembley, reduci dalla delusione di Italia ’90 con gli Azzurri eliminati in semifinale dall’Argentina, Vialli e Mancini fecero un patto: “Prima o poi ci riprenderemo quello che abbiamo perso oggi”.
E sono stati di parola: dando vita a un gruppo di lavoro straordinario, allegro, che sembra molto la copia di quella Sampdoria straordinaria, l’Italia di Mancini e Vialli è riuscita nella non facile impresa di vincere facendosi ben volere da tutti. Un simbolo davvero vincente dell’Italia: anche quella di Lippi vinceva, anche quella di Bearzot vinse. Ma questa nazionale di Mancini è bella, simpatica. E ricorda molto le parole delle notti magiche… “arriva un brivido e dagli spogliatoi, escono i ragazzi e siamo noi”. Perché questa squadra più di molte altre rappresenta davvero l’Italia che ieri era per strada a fare il tifo.
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L’abbraccio tra Mancini e Vialli viene spiegato da Florenzi: “Dobbiamo tanto al CT, ma se questo gruppo è così, e vince, lo dobbiamo a Vialli che ci ha insegnato tanto. Su come si sta in campo e su come si sta insieme, forse anche di come bisogna stare al mondo”.
Anche Mancini ha voluto dedicare la Coppa a quel ricordo di trent’anni fa: “Questa coppa va anche ai tifosi della Sampdoria che nel 1991 qui a Wembley piansero per la nostra sconfitta e a Paolo Mantovani, un uomo cui devo molto, se non tutto quello che sono stato da giocatore e quello che sto trasmettendo oggi da tecnico”.
Parole sacrosante. Solo chi c’era può testimoniare. Chi scrive c’era. E chi vuole imparare la storia di oggi, impari da quella di ieri: magari leggendo qui.
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