Matteo Berrettini continua a battere ogni record e a scrivere la storia del tennis italiano. Il tennista romano infatti grazie alla vittoria odierna sul serbo Denis Shapovalov è diventato il primo italiano a raggiungere una finale di Wimbledon: un traguardo che solo i grandi campioni riescono a raggiungere.
Da ragazzo, Berrettini ha praticato judo e nuoto. E’ rimasto un grande appassionato di basket NBA e tifoso di LeBron James, la stella mondiale del basket che Nike ha promesso di coinvolgere come influencer ottenendo così il contratto di sponsorizzazione dal 2020 con il Liverpool.
Berrettini è cresciuto a Roma, nel quartiere dei Prati Fiscali, ha studiato al Liceo Scientifico Archimede dando però l’esame di maturità da privatista. La famiglia si è poi trasferita in un’altra zona della capitale, ai Parioli. Berrettini ha iniziato a frequentare il Circolo Canottieri Aniene, con cui gioca anche nella Serie A del tennis.
Il club, presieduto dal 1997 al 2017 da Giovanni Malagò, ha oltre 120 anni di storia. Ha fornito alla nazionale quattro medagliati nel canottaggio alle Olimpiadi del 1932 e partecipato al primo campionato italiano di calcio a 5.
Berrettini però non tifa né per la Roma, né per la Lazio. Berrettini ha ereditato da nonno Piero la passione per la Fiorentina.
Il nonno di Matteo Berrettini, Piero, ha cominciato a lavorare come zonista alla Olivetti di Fiesole. Ha fatto poi carriera in un’altra azienda, la Standa, arrivando ad occupare anche ruoli dirigenziali che l’hanno portato a viaggiare fino a stabilirsi a Roma.
Piero Berrettini ha vissuto da tifoso gli anni d’oro del primo scudetto viola firmato Fulvio Bernardini, tecnico sempre in anticipo sui tempi arrivato sulla panchina della Fiorentina nel 1953. Eppure il marchese Luigi Ridolfi, patron della squadra, non lo considera la sua prima scelta e infatti sonda Vittorio Pozzo e qualche manager inglese.
Dal 1954 emerge la personale visione di Bernardini del WM, il cosiddetto sistema in voga in quegli anni. Per metà stagione la Fiorentina contende le prime posizioni in classifica all’Inter e alla Juventus, ma cala alla distanza. Tuttavia, con Costagliola, Magnini, Cervato, Chiappella, Rosetta, Segato e Gratton, i viola chiudono con la miglior difesa del campionato. Così, il tecnico pensa a potenziare l’attacco.
Dall’Udinese arriva Giuseppe Virgili, per tutti Pecos Bill, e nell’estate 1955 sbarca dal Brasile Julio Botelho, detto “Julinho”: un’ala destra che farà meraviglie. Con l’altro jolly Miguel Angel Montuori, capitan Rosetta come libero moderno e Maurilio Prini ala tattica, la Fiorentina perde solo una partita, all’ultima giornata, ma ha già stravinto lo scudetto. È la prima a rompere il dominio delle grandi del nord e nel campionato 1956-57 diventa la prima squadra italiana in finale di Coppa dei Campioni. Di fronte, però, c’è l’imbattibile Real Madrid di Gento, Di Stefano e Kopa, che vince 2-0.
Quell’epopea basta a conquistare nonno Piero e a trasferire l’orgoglio viola a tutta la famiglia Berrettini.
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