Italia-Spagna Luis Enrique sfida il proprio passato. Un anno in Serie A, alla Roma, con più rimpianti che soddisfazioni: profumo di rivincita.
Hombre vertical, letteralmente uomo tutto d’un pezzo: determinato. Questo è Luis Enrique Martinez Garcia. Uno di quelli che sembra uscito da un film d’azione, invece macina successi e soddisfazioni partendo dalla più cruda realtà: quella che lo consacra prima come giocatore – dallo Sporting Gijon al Real Madrid, passando per il Barcellona – carattere burbero e tanta “garra” (grinta) come dicono e poi come allenatore. Personalità incredibile, capace di unire, ma soprattutto osare: chiedere a Tassotti, Luis ha ancora il naso leggermente acciaccato da quello scontro, ma tutto risolto. Ciò che accade in campo resta in campo, ma le sue imprese sanno di storia.
Una parabola, quella da allenatore, che passa anche dall’Italia: un anno in Serie A, alla Roma, alle prese con “El projecto” giallorosso che avrebbe dovuto portare i romanisti sul tetto d’Europa e, invece, finì con un congedo anticipato dopo un’annata non proprio soddisfacente: visionario, avanguardista, forse troppo per il nostro calcio.
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Quello che non gli ha dato lo Stivale se l’è preso prima con il Barcellona (da tecnico) e poi con la Spagna (2 campionati spagnoli, 3 Coppa di Spagna e una Supercoppa di Spagna, senza contare una Champions League e un Campionato del Mondo per Club). Fino allo stop forzato per un dramma inatteso: la prematura dipartita della figlia piccola a causa di un male incurabile, da CT della Spagna Luis Enrique molla tutto per dedicarsi alla famiglia. Al suo posto Robert Moreno che ha sempre detto: “La panchina resta sua, quando vuole può tornare”.
Infatti, lo spagnolo è tornato: proprio il calcio, dopo un periodo d’assenza, lo ha aiutato a rialzarsi. Nei momenti difficili ci si aggrappa alle certezze, per l’hombre vertical una costante è la palla che rotola: il centro del suo mondo che ritroverà anche in occasione di Italia-Spagna, dove passato e presente s’intrecceranno con Wembley protagonista inconsapevole di questo sliding doors del destino. Un altro scacco matto nella vita di un uomo capace ancora di sorprendersi e sorprendere. 90 minuti alla volta.
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