Euro 2020: inni, curve e giocatori: Football is Coming Home Anyway

Le immagini che arrivano da tutta Europa in questa edizione di EURO 2020 con stadi a poco a poco sempre più pieni ed entusiasti, sono ossigeno puro

Euro 2020 Inni
L’Ungheria canta l’inno nazionale sotto la curva con i tifosi magiari (Getty Images)

Uno dei grandi interrogativi legati a Euro 2020 era come ci saremmo riabituati agli stadi, alla gente, a un distanziamento sociale che ci ha cambiato anche da un punto di vista emotivo e che a poco a poco andrà abbattuto. La risposta è nelle splendide immagini che arrivano dalle curve. E non dalle prodezze dei fuoriclasse.

Euro 2020, l’inno diventa rito

Ammettiamolo, l’Inno di Mameli cantato all’Olimpico a squarciagola da Chiellini e compagni ci ha scosso. Perché l’Italia è un paese strano, difficile, contraddittorio. Con istituzioni a tratti indifendibili che dicono di rappresentarci. Ma in definitiva ci tiranneggiano. Ma il nostro inno, se mai ci siamo soffermati a considerare le sue parole, parla di libertà. Libertà di parola, di pensiero, di espressione. E per quanto questo paese sia difficile da accettare, da spiegare, da comprendere, è il nostro. E non solo per una nazionale di calcio, ma perché se non abbiamo capito da quello che è successo in questo anno e mezzo che l’Italia è la gente e non chi la rappresenta, non abbiamo davvero capito nulla. Il bello della Nazionale di Mancini è che è costituita da ragazzi molto più vicini di quanto non si creda. La più bella frase delle notti magiche è… “quei ragazzi siamo noi”. Lasciateci pensare che sia quasi vero.

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Il Galles e i Draghi

L’inno del Galles si intitola “Hen Wlad Fy Nhadau”: inutile sperare di cantarlo, la pronuncia gallese è una delle cose più complicate che esistano. Ma domani pomeriggio sentirlo cantare all’Olimpico sarà un’emozione: è un brano che parla di una terra semplice e sobria che ha alimentato le sue radici con il sangue dei padri, caduti in guerra, nelle battaglie civili o in miniera. Sarebbe bello che il pubblico dell’Olimpico alla fine di questo inno che sarà cantato dai 4mila tifosi dei Draghi arrivati a Roma con ogni mezzo, lo applaudissero. Perché è un inno che nel DNA trasuda libertà, proprio come il nostro.

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Highlanders ‘til we die

Vedere il pubblico di Wembley che alza le braccia e applaude giocatori e pubblico scozzese dopo lo 0-0 strappato all’Inghilterra è emozionante quanto la coda di un film a lieto fine. Euro 2020 serve davvero a dimostrarci che il calcio è della gente, di chi lo gioca, di chi lo tifa e di chi lo va a vedere allo stadio. E nell’era digitale della connessione e del ‘calcio a distanza’… abbiamo una voglia disperata di andare allo stadio. Sentire “Flower of Scotland”, l’unico inno tollerato dalla corona inglese che non voleva nel modo più assoluto che gli scozzesi avessero una propria bandiera e un proprio inno (troppo nazionalisti), è una scossa.

“Flowers of Scotland” racconta delle colline spoglie e dei fiori recisi dopo le battaglie per l’indipendenza con il feroce Edoardo I il Plantageneto, uno dei sovrani più spietati e sanguinari che la storia ricordi. Se volete evitare un ripasso di storia vedetevi “Braveheart”, il film di Mel Gibson su William Wallace. E capirete perché Scozia-Inghilterra non è solo una partita di calcio e quell’inno cantato e applaudito anche dagli inglesi è un segnale di rispetto e ottimismo.

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Euro 2020, l’inno magiaro cantato tra i tifosi

L’Ungheria ferma la Francia campione del mondo giocando una gara meravigliosa. E festeggia. Ma anche dopo avere perso 3-0 con il Portogallo – risultato bugiardo, tre gol allo scadere dopo una gara giocata alla pari e un gol annullato – si era festeggiato. I giocatori magiari si erano portati sotto la curva con la mano sul cuore mentre il pubblico, senza nessuna base né richiesta dagli altoparlanti, intonava “Dio benedici gli ungheresi”. Il testo dell’inno, lunghissimo – di solito viene cantata solo la prima strofa – racconta tutte le tragedie subite dal popolo magiaro: e dice… “Abbiamo già dato, concedici serenità e buon umore e un bicchiere di Tokaj”.

Alla fine è proprio vero: Football is Homing Home: qualunque essa sia.

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