Malore Eriksen Danimarca (Getty Images)
Il malore che ha colpito Christian Eriksen durante Danimarca-Finlandia riporta alla mente altri casi drammatici. I precedenti
Sono giovani e forti, i calciatori. Sono eroi dello sport, li immaginiamo indistruttibili, un esempio di salute e di atletismo, di vigore e di forza. Vederli improvvisamente accasciati, cadere come corpo morto cade, squarcia il velo e ci ricorda la natura umana troppo umana dei nostri eroi.
Il malore che ha colto Christian Eriksen, centrocampista dell’Inter e della Danimarca, ha riportato alla mente i tanti, troppi casi della Spoon River del pallone. Si è temuto il peggio, come nel caso di Piermario Morosini, o di Marc Vivien Foé, centrocampista del Camerun morto in campo durante la semifinale di Confederations Cup del 2003 contro la Colombia.
Hanno perso la vita mentre svolgevano lo sport che amavano anche Paulo Sergio Oliveira da Silva, detto “Serginho”, difensore brasiliano del Sao Caetano. Il mondo ha pianto per Mariano Puerta, 22 anni, terzino del Siviglia vittima di ripetuti arresti cardiaci contro il Getafe nell’estate nel 2007. Morì a Coverciano, invece, nel 2009 l’allora capitano dell’Espanyol Daniel Jarque.
Eriksen non si è aggiunto per ora a questo elenco tragico. E’ vivo, ha lasciato lo stadio in stato di coscienza. Lacrime e preghiere di tifosi, compagni e avversari hanno accompagnato i lunghi minuti di attesa, dei soccorsi dietro un cordone protettivo per non trasformare il dolore in uno spettacolo da saccheggiare.
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Il sollievo nel vedere le prime immagini di Eriksen cosciente riportano indietro al 2012, al vero e proprio miracolo che ha avuto come protagonista Fabrice Muamba, centrocampista congolese cresciuto in Inghilterra. Durante una sfida di FA Cup contro il Tottenham, in cui erano titolari Gareth Bale e Luka Modric, è stato vittima di un arresto cardiaco.
E’ rimasto privo di conoscenza e senza battito cardiaco per 78 minuti. Invano hanno tentato di rianimarlo in campo e in ambulanza. Tecnicamente, ha detto il medico del Bolton, Muamba era morto.
Sugli spalti c’era anche un medico cardiologo, Andrew Deaner, tifoso del Tottenham che si è precipitato in campo e ha contribuito a soccorrerlo. E di fatto a salvargli la vita.
I tifosi italiani, invece, ricorderanno un altro malore in campo senza un finale tragico, quello di Lionello Manfredonia, colpito da quello che si rivelerà un principio di infarto durante Roma-Bologna di Serie A del 30 dicembre 1989. Il cuore di Manfredonia si è fermato, il polso non batteva più e per trasportarlo fuori occorreva aspettare che tornasse a battere. L’ha fatto oltre cinque minuti dopo.
Più recente, di pochi mesi fa, il caso di Patryk Dziczek, calciatore dell’Ascoli, che si è improvvisamente accasciato a pochi minuti dal 90′ della sfida di Serie B contro la Salernitana lo scorso 20 febbraio. Si è ripreso presto. Ha lasciato, come i calciatori in questa breve e drammatica antologia, la stessa domanda che risposta non ha: perché?
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