Olivier Giroud lascerà il Chelsea a fine stagione. Il segreto dei suoi gol di testa e la squadra per cui tifava da bambino
Olivier Giroud non è un attaccante come gli altri. Ha un diploma economico sociale, ha anche iniziato l’università. Ha un fratello che ha provato pure lui con il calcio all’Auxerre ma ha scelto un’altra strada ed è diventato dietologo.
La sua è una carriera di lampi improvvisi, di centimetri da guadagnare dall’ombra. Sbuca dal nulla alle spalle dei difensori, segna con un tocco solo, improvviso e spesso letale. Il manifesto della carriera di un centravanti atipico, emerso dopo una lunga gavetta dove nessuno, nemmeno lui, avrebbe potuto immaginare.
Giroud, da tempo obiettivo dell’Inter di Conte, on ha mai perso la fiducia in se stesso, né la fede religiosa come dimostra il tatuaggio con un verso della Bibbia sul braccio destro (“Il Signore mi governa: non manco di nulla”).
Ama la competizione, si è preso diverse rivincite nella vita. Ad esempio, con la nazionale. Mai convocato nelle giovanili, oggi è intoccabile per Deschamps che l’ha convocato anche per Euro 2020 insieme a Karim Benzema.
Al Chelsea ha conquistato tutti. Con Sarri, con cui ha avuto meno feeling, ha chiuso comunque la stagione da capocannoniere dell’Europa League, che i Blues hanno vinto in finale sull’Arsenal. Le due squadre in cui si è fatto notare in Premier League, a suon di gol di testa.
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Proprio in quella finale del 2019, ha realizzato un gol di testa in tuffo a cui è particolarmente legato. Colpire in questo modo, in tuffo appunto, gli piace. “Devi arrivare con velocità, sfruttare la forza del corpo – ha detto in un’intervista al sito del Chelsea nel 2020 -. In quel momento sono andato convinto al 100%, non avevo nemmeno pensato che il mio amico Laurent Koscielny potesse metterci il piede e colpirmi. E’ stato uno dei miei gol migliori“.
Il suo punto di forza, spiegava a gennaio a Sky Sports, non è mai stata la rapidità nello scatto. Però non appena riesce a mettere la testa o il piede sul pallone prima dei difensori, allora si trasforma. Chiamatelo istinto, o fiuto del gol. “O ce l’hai o non ce l’hai” ha detto Giroud. In realtà, come ha spiegato lui stesso, dietro i suoi 279 gol in carriera tra club e nazionale non c’è solo una dote innata.
“Essere al posto giusto nel momento giusto è facile da dire, ma si ottiene solo con il duro lavoro” ha ammesso Olivier Giroud, che ne ha fatto l’intero obiettivo della carriera. E’ questione di movimenti.
“Devi fingere di andare verso il secondo palo e poi smarcarti verso il primo, liberarti del marcatore per ricevere il pallone. Quando segni non c’è mai niente di casuale. Non è mai solo fortuna”.
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Mancino naturale, Giroud è nato a Chambéry, nella regione del Rodano-Alpi. E’ cresciuto non lontano, a Froges. Aveva un legame molto forte con le nonne, soprattutto Antonia che gli ha insegnato la Marsigliese quando non aveva ancora dieci anni. “Voleva che la conoscessi a memoria, e che capissi il senso di ogni frase” raccontava anni fa.
Le nonne sono di origine italiana. Anche per questo Giroud ha sempre seguito la Serie A. Gli piaceva particolarmente il Milan, negli anni in cui in attacco brillava Andriy Shevchenko. Con quella maglia, Giroud potrebbe anche giocare dalla prossima stagione.
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