Si è chiusa dopo quasi cinque mesi l’inchiesta preliminare sulla morte di Diego Armando Maradona che evidenzia molte responsabilità tra i suoi medici e le infermiere
Si profila l’accusa di omicidio colposo per alcune delle sette persone indagate per la morte di Diego Armando Maradona. Ieri infatti sono state rese pubbliche le conclusioni dell’indagine della magistratura che ha condotto l’inchiesta sul decesso del Pibe de Oro, avvenuto nella notte del 25 novembre scorso.
Molte cose non tornano. Smentite dagli esiti dell’esame autoptico alcune testimonianze. E le responsabilità delle persone coinvolte nell’inchiesta si stanno allargando. I periti hanno concluso che il decesso è stato provocato da “evidenti omissioni di soccorso e da una generale negligenza nel trattamento e nelle cure riservate al paziente”.
Confutate anche le testimonianze che parlavano di un malore avvenuto nella mattinata del 25 novembre, quando scattarono i soccorsi. In realtà Maradona sarebbe mancato tra le 4 e le 6 del mattino, all’alba: una morte sopraggiunta nel sonno e causata da un “arresto cardio respiratorio dovuto da una grave insufficienza cardiaca, un edema polmonare e un’acuta cirrosi epatica”. L’ex calciatore sarebbe morto da solo e senza alcuna assistenza.
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Il rapporto dei periti, senza mai nominarli fa riferimento ai medici personali che seguivano Maradona. Le condizioni di Diego erano gravi dopo una brutta caduta in casa che l’aveva costretto a un lungo ricovero e a una delicata operazione alla testa per la rimozione di un ematoma. Di lui si occupavano prevalentemente il neurochirurgo Leopoldo Luque e la psichiatra Agustina Cosachov. Oltre a uno staff di tre infermiere e un assistente personale, una sorta di guardia del corpo, che badava alla quotidianità di Maradona. Una convalescenza tutt’altro che semplice a causa del quadro clinico molto problematico del Pibe.
Nonostante questo nelle sue ultime ore l’ex calciatore argentino di Napoli e Barcellona sarebbe stato letteralmente abbandonato a se stesso. “Nel decesso di Maradona – si legge nella relazione dei medici legali e dei consulenti della procura argentina che ha condotto l’indagine – hanno inciso in maniera decisiva omissioni di soccorso e una generale negligenza nel trattamento e nelle cure riservate al paziente”.
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Da chiarire anche le responsabilità di Maxi Pomargo, il tuttofare-guardia del corpo, che pure aveva allertato sia le infermiere che il dottor Luque circa le pessime condizioni di Maradona. Ma soprattutto quelle di un’infermiera, Daiana Madrid, che avrebbe mentito sull’ultima notte di Maradona. Sarebbe stata lei a parlare di un malore in mattinata, chiamando i soccorsi dopo le 13. Quando in realtà la morte del Pibe era avvenuta in precedenza e i medici del pronto intervento avevano solo potuto riscontrare la morte del fuoriclasse.
La commissione dei periti parla di “situazione totalmente fuori controllo” di “totale assenza di assistenza medica” e di “atteggiamenti condannabili e contrari all’etica professionale”.
Da capire le responsabilità del dottor Carlos Diaz, lo psicologo che seguiva le dipendenze di Maradona, ma anche quelle del suo uomo di maggior fiducia, l’avvocato Matias Morla che era al corrente del gravissimo quadro clinico di Diego e aveva scelto personalmente medici e infermieri.
A questo punto, chiusa l’inchiesta la magistratura si appresta a convalidare le accuse: scontata l’imputazione per Luque e Cosachov, dell’infermiera che ha mentito ai soccorritori e ai primi agenti corsi sul posto. Ma in tutto gli indagati sotto inchiesta sono una quindicina.
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