Proprietario e ideatore di Spotify, Daniel Ek è un uomo con un patrimonio estremamente solido e una liquidità imponente, ma il fatto che voglia comprare l’Arsenal non piace: ai musicisti
Si chiama Daniel Ek, è svedese, ha 38 anni e sta scalzando Ingvar Kamprad, il leggendario fondatore dell’IKEA scomparso tre anni fa, dalla classifica degli uomini d’affari svedesi più ricchi e di maggiore successo.
Daniel Ek, Mr.Spotify
Ek è la dimostrazione di quanto una buona idea possa essere vincente. La sua viene definita la Killer Application per antonomasia. Programmatore formidabile, genio assoluto del linguaggio macchina, a 13 anni ha cominciato a lavorare come un professionista realizzando programmi molto complicati che faceva vendere al papà. Nessuno credeva che a realizzarli fosse un nerd adolescente e brufoloso. Grande appassionato di musica Ek andò in crisi quando Naspter, il primo sito di condizione musicale peer to peer che mise in ginocchio l’industria discografica, fu costretto a chiudere.
Una testa brillantissima, un’anima tormentata. Competitivo, perfezionista maniacale, Ek scopre a soli 18 anni di essere cresciuto troppo in fretta cadendo nella depressione. É già ricchissimo ma il suo cervello va in tilt. Quindi ‘si azzera’: vende tutto e si ritira a vivere in una foresta isolata collegato al mondo da un PC e tutti i suoi strumenti. Suona molto bene basso chitarra e batteria, impara a programmare anche le tastiere.
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Idea Spotify
La passione per la musica lo salva: scrive un intero album rock – una delle poche cose che non ha mai pubblicato – e nel 2002 inizia a lavorare a un software che consentisse la condivisione di musica e film superando le restrizioni del diritto d’autore. Tre anni dopo, quando Napster e Kazaa, le due piattaforme più grandi, erano ormai naufragate presenta Spotify. Tutto legale. Gli editori e i produttori distribuiscono on-line e guadagnano da ogni vendita. La piattaforma guadagna da abbonamenti, royalty, pubblicità destinata ai non abbonati e percentuali sulle vendite.
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Un affare formidabile
Daniel Ek in poco meno di 10 anni supera i 100 milioni di utenti paganti del mondo: chi si abbona non deve ascoltare spot promozionali che interrompono lo streaming. Ek vuole che gli spot siano brutti e fastidiosi. Più brutti sono e prima chi li ascolta pagherà qualche dollaro per abbonarsi. Un affare formidabile.
Oggi Ek ha un patrimonio personale di oltre cinque miliardi di euro, la property di Spotify viene definita di valore inestimabile. Se l’imprenditore svedese decidesse di venderla domani dovrebbe trovare qualcuno disposto a spendere non meno di un centinaio di miliardi. Oggi Spotify viaggia verso i 400 milioni di utenti, ha quindici sedi in cinque continenti, tremila dipendenti e guadagna più di cinque miliardi di dollari all’anno.
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Passione Arsenal
Daniel Ek è tifosissimo dell’Arsenal: la prima volta che andò a Londra aveva otto anni e il padre, tifoso dei Gunners, lo porto al vecchio Highbury. Era l’Arsenal di Graham che vinse FA Cup e Coppa di Lega (doppia – anzi tripla finale – quella di FA Cup venne giocata due volte dopo un primo pareggio) contro lo Sheffield Wednesday: Campbell, Parlour, Paul Merson, Tony Adams e il leggendario David Seaman tra i pali. Fu amore a prima vista. Da allora Ek segue l’Arsenal con la dedizione che solo chi ha letto e visto “Febbre a 90°” può capire. E oggi si candida alla proprietà del club.
Il miliardario americano Stanley Kroenke è duramente contestato dai tifosi goonies ed Ek si dichiara pronto: “Se KSE (Kroenke Sports & Entertainment) volesse vendere l’Arsenal, sarei felice di accettare la sfida”.
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I musicisti sono spaventati
Oggi Spotify è amato e odiato da tutti i musicisti: da una parte è una comoda fonte di reddito e consente una distribuzione capillare e globale di qualsiasi prodotto musicale. Dall’altra rende molto meno di quello che potevano essere una volta le vendite dei dischi. Il business musicale d’altronde è completamente cambiato rispetto a venti anni fa.
Quando si è sparsa la voce dell’interesse di Ek per investire nel calcio, i musicisti si sono preoccupati molto… “Prima di investire nel calcio sarebbe bene che mettesse in ordine i suoi rapporti con i musicisti” ha twittato Tim Burgess, il leader della rock band inglese The Charlatans.
I tifosi Arsenal sono scatenati: da giorni al trend #kroenkeout si è aggiunto #letekplaythegame
Ek ha già incassato il sostegno di tre bandiere dell’Arsenal: Arsene Wenger pronto a entrare nella sua nuova società come direttore generale, con due dirigenti d’eccezione, Dennis Bergkamp e Thierry Henry, il miglior marcatore di tutti i tempi del club.