Contro la proposta di una Superlega riservata a un elite di top club europei si schiera anche Arrigo Sacchi che non lesina critiche anche al ‘suo’ Milan e ai calciatori
Arrigo Sacchi non ha mai fatto mistero di non avere buoni rapporti con il cosiddetto ‘calcio moderno’ arrivando a farsi da parte quando stress e pressioni erano cominciate ad andare al di là del sopportabile. In un business che lo ha reso privilegiato Sacchi ha sempre privilegiato la cultura del lavoro, dell’impegno sul campo e della dedizione. Il che non significa rinunciare ai guadagni: ma nemmeno esserne schiavo.
Parlando in esclusiva con Sportsmail, il magazine sportivo del Daily Mail, l’ex CT azzurro, tecnico di grande successo con Milan, Real Madrid e Parma, ha bocciato l’idea della Superlega: “Per me il calcio è un patrimonio dell’umanità e non può essere ridotto a un salotto per pochi ricchi. Sono contrario a questa ipotesi, perché il calcio è di tutti e fa bene a tutti. E dobbiamo ricordarlo soprattutto adesso in un momento così difficile”.
L’esempio che Arrigo Sacchi cita è molto concreto, lo scudetto del Leicester City in Inghilterra, il cammino molto orgoglioso e prolungato dell’Atalanta in Champions League: “Tutti devono pensare di poter costruire qualcosa per arrivare a vincere. L’ambizione di raggiungere il successo è il primo propulsore di qualsiasi competizione. Tutti i piccoli club possono pensare di diventare grandi”.
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Sacchi attacca non solo la Superlega, ma anche il ‘suo’ Milan, coinvolto nell’operazione: “Il divismo ci sta distruggendo – dice l’ex CT azzurro, argento ai mondiali americani dietro al Brasile – dobbiamo evitare gli ‘uomini delle celebrità’ prevalgano, dobbiamo evitare che il calcio diventi una storia per pochi intimi. Il calcio è gioia, cultura e condivisione. Dobbiamo evitare a tutti i costi il divismo. I calciatori non possono e non devono essere trasformati per forza in idoli e icone. Questo stile non corrisponde al calcio che ho praticato e in cui ho vinto allenando club e nazionali. Le mie squadre hanno sempre espresso valori etici competendo alla pari con società che non avevano il nostro spessore economico e se la sono giocata alla morte sul campo”.
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