A undici anni di distanza dalla morte di Maurizio Mosca, popolare conduttore e opinionista, un ricordo semiserio di un personaggio che pochi hanno conosciuto davvero per quello che era
Ricorrono oggi undici anni dalla morte di Maurizio Mosca e ripenso sempre con grande nostalgia alle mie serate in sua compagnia. Non sono stato il suo migliore amico, ci sono colleghi che con lui hanno condiviso vent’anni di carriera.
Maurizio Mosca, elogio dell’imprevedibile
Maurizio è stato senza dubbio una delle cose più divertenti che mi sia mai capitata: una delle poche che mi piace raccontare in prima persona. Da Genova ero arrivato a Milano per curare diverse collaborazioni una delle quali con Antenna Tre Lombardia. Le telecronache di Inter e Milan insieme a José Altafini e poi le trasmissioni con lui, tante e lunghissime: Antenna Tredici, che iniziava alle 14 della domenica del pomeriggio e finiva alle 23. Una maratona. Azzurro Italia, in onda ogni mercoledì sera per tre ore. E la mia preferita: Di qua o di là.
Sono onesto. Quando mi dissero che avrei dovuto condurre le trasmissioni di Maurizio non ero convintissimo… gestire la sua verve non era cosa semplice. Con alcuni ospiti poi avevi la netta sensazione di essere seduto su un detonatore. Maurizio era il primo ad arrivare in redazione, l’ultimo ad andarsene. Era lui a pensare a tutto. Scaletta, ospiti, segmenti, contributi, telefonate in diretta. Un lavoratore mostruoso, innamorato della sua professione, inattaccabile. Ma capace di non prendersi mai troppo sul serio. E di prendere per il sedere chiunque, me per primo.
LEGGI ANCHE > Maradona, spunta anche un anello rubato nel giallo dell’eredità
La parola al pubblico
“Di qua o di là” fu uno degli esperimenti più surreali della televisione italiana. Niente opinionisti, niente superospiti. Io a condurre, Mosca a fare il castigamatti e in studio una sessantina di tifosi del tutto sconosciuti che, a seconda degli schieramenti, si dividevano in due fazioni.
Esempio: Pippo Inzaghi al Milan, un affare o un bidone? Chi pensava fosse un affare andava di qua e chi riteneva fosse un bidone andava di là. La discussione prevedeva la partecipazione di tutti: chiunque aveva diritto di parola salvo poi essere ammonito o espulso da Mosca se i toni diventavano esagerati. Cosa che non succedeva mai. Dopo un quarto d’ora altro argomento e altri schieramenti.
La trasmissione creò tanti piccoli personaggi che ebbero qualcosa di più di un quarto d’ora di popolarità. E suggerì una tesi che il web ha poi definitivamente consacrato. La gente normale magari non sarà televisiva: ma ne sa quasi sempre di più di chi sta in tv.
Ma la cosa più bella, oltre ad avermi regalato amici che sono rimasti al mio fianco da allora, è che non ho mai riso così tanto. C’erano momenti in cui la trasmissione rotolava in totale balia degli eventi e io mi rifugiavo a sghignazzare dietro al pubblico o alla scenografia.
LEGGI ANCHE > Mancini e Vialli: ma che ne sanno i 2000 dei ‘gemelli del gol’
Un compagno di lavoro ideale
Ho lavorato gomito a gomito tre sere alla settimana con Maurizio Mosca per quasi quattro anni. Poi lui si trasferì a Mediaset e io a Eurosport. Ci sentivamo spesso. Dicendoci che ci eravamo divertiti tanto, e che era un peccato essere passati a fare altro. A Maurizio diceva spesso una battuta che lo faceva ridere “era meglio prima quando ero scemo”.
La sua risposta era tranchant e impagabile: “Prima? Solo prima…? Sicuro…?”
Di lui e delle nostre lunghe trasmissioni insieme ricordo alcuni scherzi terribili che mi fece in diretta. Ma anche tenerezze incredibili: quando nacque mio figlio Edoardo si presentò con un bellissimo vestitino che chi lo accompagnava in studio mi rivelò aveva scelto personalmente. Ci aveva messo quasi mezz’ora. “Per il principino…” scrisse sul biglietto d’accompagnamento.
Non so cosa darei per rivivere la spensieratezza di quelle trasmissioni: forse oggi me le godrei ancora di più, sapendo che certe esperienze non sono scontate e restano per tutta la vita, rimpiante e preziose. In fondo è proprio vero: era meglio prima, quando ero scemo.