Il caso di Alvaro Morata, che ha parlato del suo problema legato alla depressione, ma anche quelli di Prandelli e Ilicic riportano d’attualità un tema con il quale il calcio fa fatica a confrontarsi
Nel corso degli ultimi giorni la parola depressione è più volte riecheggiata a margine di cronache legate al calcio e allo sport.
Un male oscuro, di quale si parla poco e malvolentieri. Ma che, tuttavia, secondo i dati dell’Organizzazione mondiale della sanità, colpisce non meno del 6% della popolazione mondiale. Un male che sembra essere riconducibile, soprattutto, alla qualità della vita. Dove c’è più cibo, dove gli obiettivi sono più alti sia in termini economici che di prestazione, dove c’è un tasso di istruzione superiore alla media, c’è più depressione. Ed è sempre più frequente il caso di ragazzini nemmeno adolescenti che cominciano a soffrire di problemi legati all’equilibrio e al comportamento.
Di solito si comincia con disturbi legati all’alimentazione, poi a difficoltà nel gestire sonno e veglia. Il ricorso ai farmaci è sempre più frequente e l’età media delle persone che hanno bisogno di un aiuto terapeutico è sempre più bassa.
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Il mondo ci giudica
Le persone che soffrivano di problemi di equilibrio emozionale venivano bollati in quanto instabili e poco produttivi. In alcuni paesi dove la cultura del lavoro è ancora assoluta e totalizzante, come in Giappone, la Corea del sud o Cina, la depressione viene giudicata in modo estremamente negativo. C’è più onore nel suicidio che nella malattia, soprattutto se si tratta di disturbi della sfera emozionale.
Il calcio, come tutte le grandi industrie estremamente competitive, purtroppo è al centro di una vera e propria emergenza in questo senso. Che è sempre stata sottovalutata e in qualche caso persino derisa. Il denominatore comune è che la fama, i soldi e il successo possano comprare anche la serenità, purtroppo non è così.
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Morata Prandelli Ilicic: depressione nel calcio
Nelle ultime settimane l’allenatore della Fiorentina Cesare Prandelli, uomo di grande equilibrio e di buon senso, aveva deciso di uscire allo scoperto parlando di, “un’ombra nera” che gli impediva di fare il suo lavoro. Un gesto di grande responsabilità perché quello che molte persone al centro della scena non sanno, non solo calciatori ma anche attori, musicisti, artisti, è che quando uno di loro ammette di avere problemi di salute legati all’equilibrio emozionale, sono decine di migliaia le persone che ne soffrono in silenzio che decidono di farsi aiutare. L’unica soluzione in questo senso è rivolgersi a farmaci e la psicoterapia.
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Il caso Ilicic: il male nascosto del calcio
Il caso di Ilicic è stato sicuramente uno dei più clamorosi in assoluto. Un giocatore di qualità straordinaria di grande creatività, capace di qualsiasi prodezza con il pallone tra i piedi. Ma che emotivamente fragilissimo. A Bergamo, in uno dei momenti più alti della sua carriera, Ilicic ha ammesso di avere problemi e ha chiesto aiuto. Immediatamente è scattato un vero e proprio programma d’emergenza che ha visto in prima linea non soltanto l’Atalanta, ma anche l’allenatore Giampiero Gasperini. Tutti in trincea per difendere il ragazzo, tutelarlo e consentirgli di tornare quanto prima possibile a a quella che doveva essere la sua normalità, lo stadio e il campo di allenamento.
Pochi giorni fa, Ilicic ha ammesso di avere ancora dei momenti di difficoltà, ricadute che quando si affronta una malattia del genere, al massimo livello, sono purtroppo molto frequenti. Ha anche detto di aver pensato di smettere. Per fortuna non l’ha fatto; per fortuna c’è stato chi gli ha dato una mano e ha saputo affiancarlo in una battaglia che, purtroppo, può diventare drammatica.
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Ronaldinho e Adriano, la tragedia della depressione
Ci sono molti casi, a volte clamorosi altri silenziosi. Le cattive compagnie, le false amicizie, purtroppo fanno il resto: è quello che è accaduto, per esempio, con Ronaldinho, che da alcuni mesi non esce più di casa e sembra essere destinato a una fine tragica, non molto diversa forse da quella che ha segnato l’ultimi anni del grande Diego Armando Maradona. Qualcosa che riguarda molto da vicino anche Adriano, in fuga dalle responsabilità per rifugiarsi tra le braccia degli amici sbagliati e dello sballo nella sua villa al centro della favela dove era cresciuto.
Per non parlare di un giocatore che in Italia, in più, ricordano come bersaglio facili ironie per i goal sbagliati. Il brasiliano Jardel, uno che aveva sempre segnato valanghe di goal finché non ha conosciuto qualcosa di più grande di lui, la depressione, che cercò di curare nel modo peggiore possibile: con alcol e cocaina.
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Depressione nel calcio: la testimonianza di Jardel
Da quel momento in poi Jardel non è più stato lo stesso: i goal fatti diventavano sbagliati gli applausi fischi e tutto si è concluso in una insensata spirale di dolore e di isolamento che lo ha portato a concludere la carriera nel modo più triste. Dopo tre tentativi di disintossicarsi, quando ormai era senza un soldo e alle prese con gravissimi problemi di salute, Jardel sembra esserne uscito… “Quando era ormai troppo tardi, ho trovato chi mi è stato vicino. Avrei voluto trovare gli amici giusti quando ancora giocavo ma tutti mi stavano accanto soltanto per i miei soldi e il mio successo. Nessuno vi dirà mai quanto è profondo il pozzo, bisogna starci. Quello che possiamo fare noi survivors è testimoniare, provare a gettare una luce accesa in fondo al pozzo, dove ci sono milioni di persone che chiedono aiuto in silenzio, senza parlare”.