Compie 83 anni Bruno Pizzul. E’ stato per anni la voce del calcio e della Nazionale sulla Rai.
Bruno Pizzul ha raccontato il calcio e l’Italia per almeno trent’anni. Ha raccontato gli anni in cui sembrava “tutto molto bello”, diventata la sua frase simbolo. Il racconto del pallone viveva alla radio del confronto Ameri-Ciotti e in tv della ricercatezza garbata di Pizzul, ex centromendiano del Catania, dell’Ischia e dell’Udinese.
A Cormons, nel 1945, il calcio unisce le famiglie che fuori dal campo si dividono in pro e contro la Jugoslavia di Tito. Giovane tifoso del Grande Torino, Pizzul corona il sogno di diventare calciatore e battezza gli esordi di una leggenda come Dino Zoff.
Pizzul, però, non ha l’indole del campione. Il calcio ai massimi livelli lo racconta ma non lo vive da protagonista. Si mette a insegnare latino e italiano alle scuole medie. Tenta in RAI il concorso da programmista. Qui però incontra Paolo Valenti, futuro conduttore del primo e rimpianto “90° minuto”. Valenti lo riconosce, si ricordava di lui da calciatore, e gli consiglia di seguire il corso per radiotelecronisti. Lo frequenta insieme a Bruno Vespa, Angela Buttiglione, che ha condotto per 25 anni il TG1, e Paolo Frajese.
Il giorno della prima telecronaca, Juventus-Bologna sul neutro di Como del 1970, arriva in ritardo di un quarto d’ora. Colpa di un pranzo con Beppe Viola. Ma all’epoca la RAI mandava in differita solo il secondo tempo. Nessuno lo saprà.
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Bruno Pizzul, le prime volte e la tragedia dell’Heysel
Il racconto di Bruno Pizzul si snoda al ritmo più lento di un calcio che si nutriva ancora di silenzi e improvvisi presentimenti. Un calcio che si concedeva il piacere molle della giocata per il gusto. In quegli anni, i calciatori si possono avvicinare di più. Pizzul diventa amico di Omar Sivori e Gianni Rivera. Ammira sinceramente Roberto Baggio.
Del Divin Codino racconta il magnifico gol alla Cecoslovacchia a Italia ’90, il gol che tiene l’Italia di Sacchi giù dall’aereo nella sfida contro la Nigeria, la doppietta alla Bulgaria. E infine quel rigore triste triste triste, come la canzone di Ivan Graziani.
Nella sua carriera ha vissuto grandi prime volte. Massimo De Luca e Pino Frisoli lo ricordano nel libro Lo Sport in tv. Era a Como, uno stadio che gli porta fortuna, per Italia-Lussemburgo under 21 del 9 marzo 1977. Una partita sportivamente non proprio memorabile. Ma è la prima diretta a colori di una partita di calcio nella storia della televisione italiana.
Il momento più duro della sua carriera
Bruno Pizzul ha raccontato i trionfi e le delusioni della Nazionale e delle squadre italiane nelle coppe europee, quando si giocava tutti al mercoledì e la RAI si trasformava in una maratona a tutto calcio. C’era anche nel giorno più triste che ha cambiato il calcio e gli stadi, la finale Juventus-Liverpool all’Heysel nel 1985. E’ un commento asettico, professionale ma distaccato. Lontano dal suo stile abituale.
“Furono momenti angosciosi, in cui fui costretto a prendere decisioni dolorose” ha raccontato a Tuttosport. Un paio di ragazzi entrano anche nella sua cabina e gli chiedono di dire in diretta che sono vivi, per tranquillizzare i genitori. “Risposi che non potevo accontentarli, per non far preoccupare le mamme e i parenti degli altri ragazzi presenti allo stadio” ha spiegato Bruno Pizzul. La correttezza dell’uomo al servizio del racconto professionale. Per raccontare il mistero senza fine bello della vita e del pallone.