Domenica sera si gioca la finalissima di Copa Libertadores che vede di fronte dopo 15 anni due squadre brasiliane che arrivano al trofeo contro i pronostici
Domenica 30 gennaio, ore 21: al Maracanã, campo quasi neutro, si gioca la finalissima di Copa Libertadores tra Palmeiras e Santos. Una sfida tutta brasiliana per la competizione sudamericana per eccellenza che consegnerà una delle finaliste del prossimo Mondiale del Club.
Erano 15 anni che non si vedevano due squadra brasiliane a giocare la finalissima di Libertadores: una competizione relativa al 2020, congelata dalla pandemia e rinviata alla prima data possibile. Chi vince andrà a ricalcare un altro nome brasiliano, quello del Flamengo che ormai 434 giorni fa aveva vinto la finale 2019 contro il River Plate.
Palmeiras-Santos è una sfida tra apici opposti del calcio brasiliano: il Palmeiras è la squadra della medio borghesia paulista, fondata da una delegazione di appassionati brasiliani e italiani. Una squadra che per molti anni è stata ricca, temuta, invidiata, capace di attirare massicci investimenti (pure quelli della Parmalat degli anni d’oro) e che può contare su una fanbase consistente e appassionata. Certo non numerosa come quella del Flamengo e nemmeno ‘folle’ come quella del Corinthians.
Dall’altra parte il Santos, ufficialmente una squadra paulista anche se quando si passa dalle favelas della costa guai a dire considerare la città una costola periferica di São Paulo. I tifosi del Santos sono una minoranza nel mare magnum delle metropoli brasiliane. Ma la squadra santista ha tradizione, orgoglio, un DNA che si copia e si incolla al crogiolo di talenti che sforna tanti giocatori di enorme valore, pure troppi.
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La storia ci porta a un confronto ideale. Quello tra Ademir, stella del Brasile e del Palmeiras storico, soprannominato O Divino e, ovviamente, O Rei, Pelé. Ma né i Verdão né i Peixes ora vantano di giocatore di questo calibro. Per la verità al Santos rimpiangono anche Robinho, Neymar o Diego. E al Palmeiras si accontenterebbero di Dudu, del miglior Rivaldo o di Valdivia.
Al Palmeiras nacque José Altafini, indimenticabile protagonista di tante partite con la Juventus e splendido compagno di telecronache. Il Santos ha un settore giovanile immenso e prolifico, talmente tanto ricco di talenti che sono più i giocatori che trovano posto altrove non appena i compiono i sedici anni che quelli che trovano spazio in prima squadra. In campo un mix di veterani che sono tornati in Brasile, come l’attaccante del Palmeiras Luiz Adriano – e talenti ancora in via di sviluppo tra i quali la punta del Santos Kaio Jorge.
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Jorge, 19 anni appena compiuti, è l’ultimo gioiello del vivaio dei Peixes: tre gol nei quarti di finale di Libertadores contro il Gremio. Il suo grande avversario dall’altra parte del campo è il 18enne Gabriel Veron, forse uno dei centrocampisti tattici più forti che il Brasile ha prodotto. Da seguire con attenzione anche Gabriel Menino, terzino destro 20enne con piedi buoni e polmoni eccellenti.
Il Santos di Copas ne ha vinte tre. Il Palmeiras una sola, perdendo altre tre finali. Se i Peixes centrassero il trofeo scavalcherebbero Gremio e São Paulo come miglior squadra brasiliana della competizione.
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Una sfida nella sfida anche a livello tecnico: il tecnico portoghese del Palmeiras Abel Ferreira ha solo 42 anni e appena arrivato in Brasile ha subito avuto modo di farsi notare. Dall’altra un veterano, Cuca, trent’anni di attività. Lui la Copa l’ha già vinta nel 2013 quando allenava l’Atletico Mineiro e contro tutti i pronostici andò a vincere una delle edizioni più controverse degli ultimi anni. Vittoria ai rigori con il Newell’s Old Boys in semifinale e trofeo alzato dopo un’altra serie di rigori contro l’Olimpia in una finale tesissima. Stavolta il favorito è lui.
Si gioca in un Maracanã deserto a causa della pandemia.
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