Torna d’attualità il caso dell’omicidio dell’ispettore Filippo Raciti, ucciso durante gli scontri dello stadio di Catania nel febbraio 2007
Tra poco saranno quattordici anni: era la sera del 2 febbraio 2007. A Catania si gioca il derby tra gli etnei e il Palermo. Fuori dallo stadio ci sono momenti di grandissima tensione con le due tifoserie che cercano di entrare in contatto più volte.
La polizia cerca di disperdere gli ultras e di evitare altri scontri. Poi nei pressi dello stadio si verificano scontri sempre più violenti tra i tifosi del Catania e gli agenti di polizia. Un uomo rimane a terra. Viene soccorso. Le sue condizioni sono disperate. Morirà poco dopo essere arrivato in ospedale. Si chiamava Filippo Raciti, era un ispettore di polizia aveva appena compiuto 40 anni, era sposato e aveva due figli.
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Le indagini porteranno alla condanna a otto anni e otto mesi di reclusione di Antonio Speziale, un tifoso che ammise di avere preso parte agli scontri ma che oggi chiede la revisione del processo: “Mi ricordo tutto di quel giorno – racconta Speziale – il passato non lo puoi cancellare, certe cose ti rimangono sulla pelle. Io non ho ucciso Raciti, non ho mai ucciso nessuno. Ho partecipato agli scontri. L’ho sempre ammesso. Resistenza a pubblico ufficiale l’ho fatta, ma io ho pagato per un omicidio mai commesso”.
Lo sfogo di Speziale è stato registrato in una intervista a Radio Incontro Olympia dopo il suo ritorno in libertà a pena scontata.
“Io chiedo chiarezza, sia per me, sia per l’ispettore Raciti – aggiunge Speziale – vogliamo giustizia, quella che non è stata fatta. Spero che la verità venga fuori, credo ancora nella giustizia, negli atti processuali ci sono gli elementi che dimostrano la mia innocenza. Puntiamo alla revisione del processo, sperando che si faccia luce sulla mia innocenza. Io non ci sto a passare da assassino”.
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Secondo Speziale la morte di Raciti sarebbe stata causata da una camionetta della polizia, un Land Rover Defender, che lo avrebbe investito nella concitazione delle cariche.
“Ho subito tante pressioni durante l’interrogatorio, ma capire quello che è successo non è facile, quello che ho vissuto molti non lo possono capire. Se ci sarà la possibilità, tornerò allo stadio”.
Quello stesso stadio dove quasi ogni settimana la memoria di Filippo Raciti viene infangata con ogni genere di epiteto, rivolto a lui e alla sua famiglia.
Speziale, che all’epoca dei fatti era minorenne, era stato condannato in primo grado a 14 anni di carcere, pena poi ridotta in terzo grado di giudizio. Speziale aveva già chiesto istanza di revisione nel 2014, ma era stata rigettata dalla Cassazione in quanto inammissibile.
Condannato a 11 anni per lo stesso omicidio anche Daniele Natale Micale, pena confermata in appello e in cassazione: dal dicembre 2015 Micale è in semilibertà.
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